Lo scrittore Jack Ketchum è praticamente snobbato dalla
nostra lungimirante editoria. La coraggiosa Gargoyle propone il suo La ragazza
della porta accanto, da cui è stato tratto l’ononimo film nel 2007 diretto da Gregory Wilson sulla
sceneggiatura di Daniel Farrands e Philip Nutman. Se la pellicola traccia in
maniera chiara lo stile di Ketchum
nel suo realismo crudo, che proprio in questa ottica
sprigiona un orrore quotidiano e palpabile che fa rabbrividire, il libro supera
il lavoro di Wilson che creare comunque una bella prova cinematografica, grazie
soprattutto al taglio espressivo dello scrittore americano nel creare una
tensione che entra sotto la pelle e ti imbarazza e allo stesso tempo ti
inchioda alla lettura, pagina dopo pagina. Il romanzo si ispira ad un fatto di cronaca avvenuto nel 1965. La polizia di
Indianapolis da una denuncia anonima trova il cadavere di una ragazza, Sylvia
Marie Likens che era stata torturata a lungo e con sistemi abominevoli. A fare
questo era stata una donna, Gertrude
Baniszewski a cui Sylvia e sua sorella Meg era stata affidata in quanto i
loro genitori erano scomparsi. Ma peggio ancora è la
malvagità della donna che aveva reso succubi i ragazzi del vicinato che
partecipavano alle torture. Nel romanzo lo scrittore cambia il periodo e
l’ambientazione, con la voce narrante affidata al dodicenne David Moran che
vive in una cittadina rurale del New Jersey, e nella casa accanto vengono ospitate due ragazze in quanto i loro genitori sono
deceduti in un incidente. L’affidataria è Ruth Chandler che ha già tre figli,
amici di David, ma nessuno immagina che dietro la normalità della donna si celi
un’identità sadica che si manifesterà lentamente sulle due ragazze. Il
passaggio dall’infanzia all’adolescenza, diventa lo specchio malsano di
meccanismi che pone in evidenza l’alienazione e la complicità di una mente
adulta che inquina un momento importante della crescita, diventando un pugno
nello stomaco per la sua narrazione asciutta e al contempo lirica che non si
dimentica.
Voto
8
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