Pieces of you
This way
Jewel
Kilcher, in arte soltanto Jewel, sembrò
spuntare letteralmente dal nulla nel 1995, quando incise il suo album d’esordio
Pieces of you per l’etichetta Atlantic: il disco non ebbe grande
successo ma divenne un caso quando, per un funzionale passaparola e buone
recensioni, a sorpresa cominciò lentamente a scalare posizioni nelle charts
americane fino ad entrare in top ten. Divenuta un caso di controtendenza
commerciale in piena regola, Jewel cominciò ad
essere apprezzata apertamente da miti del folk come Bob Dylan e Neil Young
(che la vollero come supporter dei loro concerti), per lei si iniziarono
a sprecare paragoni importanti con le stelle passate del folk, e la sua
infanzia povera in una baracca in Alaska e con genitori separati, entrambi
musicisti, contribuì a conferire al suo personaggio anche i tipici tratti
dell’artista che riesce a superare a forza di talento gli ostacoli della vita:
peraltro Jewel nel 1997, in piena ascesa, pubblicò anche un libro di poesie (A
night without armor) e, l’anno dopo, prese parte al film Cavalcando con
il diavolo di Ang Lee, accanto al meno noto (al tempo) Tobey Maguire. E nel
1998 venne fuori anche il secondo disco, Spirit,
in cui Jewel si limitava a replicare la formula acustica dell’esordio senza la
stessa freschezza. Ora la ragazza, divenuta nel frattempo giovane donna, ci
riprova ancora con This Way, che fin dalle prime tracce si
profila come un disco interlocutorio per la sua carriera. Difficile dire che sviluppi
potranno avere per Jewel queste dodici nuove canzoni (più due bonus tracks registrate
dal vivo), ma l’impressione è che, oltre alla ricerca di moduli espressivi di
più ampio respiro, la
cantautrice americana abbia spostato il terreno della sua ispirazione in
ambito pop, dotandolo di arrangiamenti più ricchi ed accattivanti che
ricordano il sound di colleghe più navigate. Le due migliori cose del
disco in tal senso sono Everybody needs someone sometime e la splendida Love
me, just leave me alone, segnate da due strepitose performances
vocali di Jewel ma che sembrano uscite di sana pianta dal repertorio di Sheryl Crow – anche
se nel secondo brano quando la giovane cantautrice lascia andare le ottave a
briglia sciolta ricorda molto Janis Joplin –. La nuova linea di This Way
è dichiarata fin dall’apertura con Standing still e Jesus loves you (rientrano
nella categoria anche Cleveland e The new wild west), ma
permangono ovviamente tracce copiose della Jewel prima
maniera: Break me, la title track, i due conclusivi brani live
(Grey matter e Sometimes it be that way). In almeno un paio
di casi la cantante-poetessa dell’Alaska pare voler clonare il rock
ironico e parlato a tratti di Alanis Morissette (Do
you want to play? e Serve the ego). Nel complesso la nuova via
sperimentata da Jewel in This Way è
meno lirica ed essenziale rispetto al passato, ma certo anche più ritmata ed
accattivante: qualche aggiustamento di rotta sembra necessario perché il disco
dopo qualche ascolto non lascia molte tracce di sé...
Jewel, This Way [Atlantic 2002]
Voto
7
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