Il varietà è morto
ma con queste operazioni non è certo che resusciti. Risate facili e
scontate, un teatro “vecchio”, prevedibile. Una spalla
evitabile, un corpo di ballo, dodici bellezze di coscia lunga ma fuori
sincrono, più belle che brave sicuramente e molto legnose, un duetto
audio con Totò dall’aldilà, il suo alter ego e coscienza super partes. Oltre due ore e mezzo per un pubblico poco avvezzo
al palcoscenico, applausi a non finire e qualche risata (siamo umani!). Si
combatte a parole il Grande Fratello
e l’Isola dei Famosi, qualche battutaccia politicamente scorretta, e fuori tempo
massimo, sugli omosessuali, poi tocca alle veline, ad Affari tuoi, Amici e Maria de Filippi,
Talpe varie, saranno famosi, i
calciatori. E’ un ricettacolo continuo di luoghi comuni e di doppi sensi
ridanciani e sguaiati. Un elenco infinito delle schifezze televisive che tutti
noi abbiamo sotto gli occhi e certo non serve Montesano
per aprirceli su queste amenità dell’oggi: la Lecciso,
il
Cervia di Ciccio Graziani. E’ demagogia e
populismo. Ma un certo tipo di pubblico vuole questo e
ride e si sganascia, si dà di gomito a carie all’aria per poi una volta a casa
sintonizzarsi sulle trasmissioni appena bandite. Solite invettive trite e
annoianti. Sketch e gag d’annata, molta la polvere sopra, si alternano a
balletti di un’altra epoca. Ogni scenetta, anacronistica, è scollegata dalla
precedente e manca completamente il fil rouge di fondo. Si perde il filo
d’Arianna e ci s’impantana nel labirinto del nulla. Berlusconi, dopo aver visto
la prima, l’ha definita “satira garbata”, forse non conosce
il significato di satira. Poi stoccate all’inglese che imperversa nel
vocabolario italiano corrente, sembra di essere nel Ventennio, ma dove vive Montesano?, contro la mala sanità, nuova anche questa, le palestre e
la cura maniacale del corpo, contro Pupo ed il divieto di fumare nei locali
pubblici (Sirchia definito “esanime), e
l’inquinamento delle grandi città e la voce stridula della Iervolino.
Non poteva mancare la guerra all’euro e la saga di Lupo, Lapo e Iaki, rampolli Fiat e le battutacce
sulla cocaina. Però in tutto questo buglione arriva anche la parte migliore, e non era
difficile: prima della fine del primo atto appaiono manichini a grandezza
naturale di Bruno Vespa, Casini, Rutelli, Moggi,
Prodi e Maria De Filippi. Stranamente manca il Presidente del Consiglio, questo la dice lunga
sulle affinità politiche tra i due. Il pubblico con “le palle in mano” deve
cercare di colpirli tipo Luna Park. Arriva il personaggio della vecchia ciociara, e le maschere della Commedia dell’Arte, dove viene
fuori l’attore. Inevitabilmente dopo si ricade nelle solite storie: manipulite, gli automobilisti col cellulare, gli italiani
all’estero, fino all’imitazione del cinese (apprezzabile) che a Prato fa ancora
molto ridere. Come avrebbe detto Nanni Moretti, dopo
uno schiaffo al padre, forse, “vi meritate Alberto Sordi”.
Voto
5
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