Compagnia Sandro Lombardi
L’uomo dal fiore in bocca
Di Luigi Pirandello, drammaturgia Sandro Lombardi, regia Roberto Latini, con Sandro Lombardi, Roberto Latini. Costumi Marion D’Amburgo, luci Gianni Pollini, musiche originali Gianluca Miseti
Cortile del Museo Nazionale del Bargello a Firenze dal 18 maggio al 6 giugno 2010
|
 |
"Il mendicante arabo ha un cancro
nel cappello, ma è convinto che sia un portafortuna" ("Alice", Francesco De
Gregori)
Pirandello ultimamente ha avuto
una nuova riscoperta e verve. Tiezzi aveva portato in
scena I giganti della
montagna, i Krypton Uno, nessuno e
centomila, gli Egumteatro si erano lanciati nel “Questa
sera si recita la nostra fine”. Già Cacà Calvalho, l’attore brasiliano che da anni collabora con
Pontedera Teatro, qualche Fabbrica Europa fa portò sul palco “L’uomo
dal fiore in bocca” in una stanza semibuia. Sandro Lombardi continua nel
suo repertorio al Bargello dopo il “Sogno di un mattino
di primavera” da D’Annunzio, “Erodias” da Testori, “Il riformatore del
mondo” da Bernhard. Un uomo e la sua malattia,
quel “fiore in bocca”, quel tumore che nasce, cresce e
succhia la vita. Il particolare che diviene il tutto, perché si prende. Due
uomini a confronto, facce della stessa medaglia patologica. Il
presente e il passato creduto banale, scontato, noioso nella sua quotidiana
normalità. L’ombra e il corpo e nessuno dei due può
staccarsi dall’altro. Un luogo non-luogo, una sala d’attesa di una stazione,
che rimanda al venditore e compratore di Koltes nel
suo “Nella solitudine dei campi di cotone”. Al fianco di Lombardi c’è Roberto Latini, sua la regia, molto lombardisizzato e meno muscolare e fisico del solito nella
recitazione. I due rimangono sospesi in una grande gabbia, una voliera costruita
sopra il pozzo del cortile. Una felice intuizione che riduce i due a uccelli dietro le sbarre, condannati ad attendere o, al
massimo, danzare lo stesso inesorabile ballo su un trapezio, un trespolo,
facendo finta di divertirsi dondolandosi ad una altalena. Latini ha orecchini da pirata, bombetta, occhiaie nere, l’aria
vagamente da imbroglione ingenuo, furfante alla Arancia Meccanica.
Lombardi è una maschera clownesca, un attore scappato dal camerino prima che il
trucco fosse finito e completato. Sono eleganti nei loro tait
e frac. Entrambi hanno scarpe gigantesche che ricordano quelle de “Le nuvole” di Antonio
Latella. Grandi risate, tra l’inquietante e l’horror, si inseguono.
Le scarpe, le piume, il cerone, l’altalena fanno
rivivere atmosfere circensi felliniane. La vita è “un
caffé che non chiude mai” ma il suo gusto è amaro e non resta che leggerne nel
suo fondo una fine già scritta. E’ una festa triste e malinconica che ricorda
certe note impastate di Vinicio
Capossela. In mezzo a sprazzi di musica allegra e serena alcuni spari
riportano alla tremenda realtà. Il tic tac dell’orologio scandisce una marcia
inarrestabile, la rassegnazione non lascia posto alla rabbia ma la morte, la
malattia non si può ingannare, fuggire con fumogeni e giochi di prestigio e
nebbie misteriose dove nascondersi. Luci stimolanti.
Voto
6 ½
|
 |
|