E'scomparso recentemente a Zagabria l'ottantaquattrenne regista teatrale Bogdan Jerkovic,
noto alla scena italiana per avere fondato a Parma, negli anni Sessanta, un
complesso teatrale composto da giovani del
CUT che nei primi Settanta avrebbe preso il nome di Compagnia del Collettivo, quindi di Teatro 2
, infine di Teatro Stabile.
Con i vari Luigi Dall'Aglio, Walter Le Moli, Paolo Bocelli, Roberto Abbati, Marcello Vazzoler,
Tania Rocchetta e lo Zaira, Jerkovic
aveva dato vita a una serie di memorabili spettacoli; sia sotto il profilo squisitamente
teatrale sia per il coraggio di affrontare autori, altrimenti considerati
“intoccabili”, almeno in Italia e fino a che fossero in vita... Motivo? Basta vedere di chi si parla: Pier
Paolo Pasolini (“Uccellacci e Uccellini”), Dario Fo (“La colpa è sempre del diavolo”), Eduardo de Filippo (“Il figlio di Pulcinella”), Ferdinando Camon (“Quinto
Stato”). Spettacoli, alcuni dei quali arriveranno a superare le quattrocento
repliche in due stagioni!
Bogdan Jerkovic, classe 1925,
fa i primi passi da attore a Fiume nel 1946, quindi si iscrive
all'Accademia di Arte Drammatica di Belgrado in regia. Ne esce non solo come
regista – sin da subito firma numerose piece con varie compagnie di tutta la ex
Jugoslavia – ma anche come pedagogo: nella stessa accademia belgradese e in
quella di Zagabria.
A metà dei Cinquanta, nel capoluogo croato fonda il Teatro Studentesco Sperimentale
con annesso festival internazionale cui prendono parte complessi universitari
di tutto il mondo, ossia la prima generazione del dopoguerra di futuri attori e
registi professionisti dell'Est e dell'Ovest.
E' in questo periodo che arriva in Italia, dove tornerà quasi ogni anno per
allestire spettacoli con vari complessi, non solo con i giovani parmigiani. Così
al Teatro Durini di Milano, nel 1966, protagonista
Carlo Bagno, mette in scena in prima nazionale “La Cimice” di Majakovskij e lo
stesso anno la summenzionata opera pasoliniana, con
l'autore entusiasta in platea. Seguono regie in Jugoslavia, Germania
Occidentale, Polonia. Qui fa in tempo a conoscere Witold
Gomrowicz (che
muore nel 1969), uno tra i più ostacolati uomini di cultura e commediografi
dell'Est europeo, inviso a tutte le cosiddette “democrazie popolari”
sovietizzate. Ma non in Jugoslavia. Sicché Jerkovic vi allestisce in anteprima assoluta
"Operetta". Il teatro e' l'Atelije 212 di Belgrado, fondatore del più grande festival
dell'Est europeo, il BITEF, dove lo
spettacolo viene presentato con eclatanti proteste dei burocrati che reggono i teatri
polacchi, cecoslovacchi, ungheresi, sovietici, ecc. Il teatro di Jerkovic è squisitamente politico, si distingue tuttavia dalla
prassi in voga un po' in tutta Europa, in quanto non
vi trovano spazio né il comizio, ne' la lezioncina morale; a farla da padroni sono
lo sberleffo e una critica sociale feroce, ironica, sarcastica.
Il tutto, con un velo di metafora, quel poco che basta per confondere le idee
ai censori notoriamente tetragoni. Gli anni Settanta e i primi Ottanta sono
contrassegnati da un'assidua presenza in Italia. A Parma con gli spettacoli
prima ricordati e altri (di Schwartz, Rabelais), ma
anche a Venezia, Vicenza, a Roma ("Don Giovanni e Faust" di Grabbe-Moretti, con Pistilli, Troisi
Claudio Volonté), a Bolzano (Schnitzler), mentre nel suo paese e altrove insiste
con Eduardo e Fo
(non di rado alla presenza degli autori), Aleksandar Popovic e Drzic, Pirandello e il magiaro Miklos Hubay, all'epoca
esule a Firenze: e il massimo autore croato, Miroslav Krleža di cui porta alla Biennale di
Venezia il “Michelangelo Buonarroti” e alla Rassegna Internazionale dei
Teatri Stabili di Firenze il “Golgotha”.
Nel capoluogo toscano torna quasi ogni anno, per tenere corsi sul Metodo Majerhold al Festival Internazionale dell'Attore che
all'epoca organizza Paolo Coccheri e vede la
partecipazione di decine di allievi attori come pure di attori
professionisti. Sono stage di ottima levatura: li tengono Wajda,
Fersen, Stuhr, Costa-Giovangigli...
Colpito da un ictus a metà degli anni Ottanta, Bogdan Jerkovic esce di scena, ma
non c'è debutto teatrale a Zagabria che non lo veda in platea, nonostante le evidenti difficoltà' motorie.
Nel 2000, dopo essersi in parte ristabilito ed avere
diretto un paio di spettacoli con una compagnia di giovani, nonché' una strepitosa “Tutta casa e chiesa” di Franca Rame, con Marija
Dragovic, sua compagna di vita e infaticabile
collaboratrice, torna a mettere in scena a Fiume, con il Dramma Italiano, “La
colpa e' sempre del diavolo”. Sul palcoscenico, assieme a quelli del complesso
fiumano ci sono ben quattro dei “suoi” attori di Parma: la Rocchetta, il Bocelli, l'Abbati e il Vazzoler. Dario Fo per l'occasione donerà alla compagnia
(che all'epoca dirigevo) i bozzetti dei costumi e quello del manifesto, quale
omaggio all'Amico.
L'anno successivo il
Comune di Parma gli assegna la Cittadinanza Onoraria, per avere saputo, in una città squisitamente melomane, innescare l'amore per il
teatro di prosa e per averne fondato il primo, stabile, con le sole forze
interne.
Voto
9
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