La ventiquattresima edizione del festival udinese dedicato alla produzione popolare del cinema del sud-est asiatico e dell’estremo oriente torna in presenza nel suo periodo abituale. Inoltre si ritorna alla splendida cornice del Teatro Nuovo Giovanni da Udine che, dopo la prima edizione vissuta nella sede del dopolavoro ferroviario, ha assunto un ruolo centrale per tutti gli appassionati cultori del festival. Cartellone festivaliero molto ricco, con ben 72 lungometraggi presentati nel corso dei nove giorni di programmazione. Di questi, 42 sono stati scelti per prendere parte al concorso che incoronerà il suo vincitore – il premio viene attribuito dal pubblico – con il Gelso d’Oro. Tra le tante pellicole presenti, segnaliamo: Li Ruijun, dopo l’ottima accoglienza alla Berlinale, presenterà al pubblico friulano Return to Dust; Derek Kwok torna a Udine con Schemes in Antiques, e lo stesso fa Fruit Chan, autore di uno dei tre segmenti di cui si compone Tales from the Occult (gli altri due sono diretti da Fung Chih-chiang e Wesley Hoi); Satoshi Miki, cui venne dedicato un omaggio nel 2008, presenta What to Do with the Dead Kaiju?; Shinichiro Ueda, dopo il cult Zombie contro zombie, si rifà vivo con Popuran. Oltre alle trenta pellicole dl fuori concorso, c’è lo spazio denominato Best of the Best nel quale saranno ospitati film che hanno già avuto modo di essere proiettati in Italia: White Building del cambogiano Kavich Neang; INU-OH, ritorno alla regia di Masaaki Yuasa, eretico dell’animazione nipponica. Oltre alla piccola sezione dedicata al documentario, e dove brilla Satoshi Kon: The Illusionist, che il francese Pascal-Alex Vincent ha dedicato al grande cineasta giapponese, si passa alla sezione retrospettiva. Spicca come evento cardine, anche per via della presenza sul palco al momento della proiezione, Takeshi Kitano, di cui si rivedrà il capolavoro Sonatine. Ma non mancano le perle nei classici restaurati, tra i quali il fondativo Audition di Takashi Miike, Battle Royal di Kinji Fukasaku (nella versione di due ore, di qualche minuto più lunga di quella uscita nelle sale), due Johnnie To indimenticabili, The Heroic Trio ed Executioners, e per finire lo splendido Fiore pallido di Masahiro Shinoda. A chiudere la sezione del festival relativa ai recuperi del passato Odd Couples, che raccoglie quattro film di autori occidentali che si sono confrontati con l’Asia (spicca, tra Michael Cimino e Alain Resnais, il Samuel Fuller de Il kimono scarlatto), e soprattutto i cinque titoli in cui si ragiona su come Manila, capitale delle Filippine, sia stata raccontata dal cinema. Qui si potrà riscoprire il capolavoro Manila in the Claws of Light di Lino Brocka . Un festival che ritrova la sua collocazione congeniale pe rimettere in circolo la passione smodata per una cinematografia di genere, sempre vitale e ancora da riscoprire in toto.
Voto
8
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