Ribellione
e contenimento, provocazione ma anche ricerca di risposta... in uno
scenario
artistico spesso si sente dire “tutto é giá stato fatto” Andros
“minimizza” il suo operato svelando canoni e ideali
ben definiti:
“...nella
mia arte cerco di usare corpi umani per parlare di cose umane...”.
Quando l´arte
diventa provocazione... o quando la
provocazione diventa arte. Senza paura. Senza
pudore...
Buon
Giorno.
- Buongiorno a te
Nome?
- Andros
Artista?
- Non è colpa mia. Mi hanno
disegnato così...
Chiederti
cosa significa essere artista sarebbe una domanda troppo
azzardata... ma in cosa identifichi l´arte?
- Nel prodotto di menti
singolari in grado di spingersi ai confini della condizione umana e
sbirciare
oltre, senza cadere nella follia.
...l´arte
é comunicazione?
- Decisamente!
Nasce per
questo e ci sarà finché la terra sarà abitata anche da un unico essere
umano,
perché il bisogno di comunicare, anche solo con se stessi, è
insopprimibile
come quello di mingere.
... o
forse soltanto espressione?
- Certo, è anche espressione,
creazione, digestione, masturbazione e tantissime altre cose.
Affermando
che è comunicazione, si dice quasi tutto. Tutto è comunicabile,
espressioni ed
emozioni comprese. Non capisco perché così spesso si mettano in
contrapposizione delle visioni dell’arte che in realtà fanno parte di
un tutto.
Un
colore?
- Perché
limitarmi ad uno
solo quando posso averli tutti, compresi quelli che la mia mente può
inventare?
Direi che mi piace il colore, nella sua integrità di manifestazione
fisica; la
sua separazione in colori distinti è un fenomeno puramente culturale,
interessante, ma poco rilevante. Se proprio
dovessi
scegliere un solo colore, sceglierei quello che manca nella scala dei
colori Berlin-Kay,
quell’anomalia tra il giallo e il verde, ma
che non è
né giallo né verde, su cui alcuni si sono scervellati, pur senza
prendersi la
briga di dargli un nome.
...e
un oggetto?
- Sempre scelte categoriche,
eh? Uhmm, direi... la replica in poliuretano
del mio
pene in erezione che ho realizzato tempo fa
e che, con
la sua ipertrofica fissità, ricarica la mia autostima nei tanti momenti
difficili che chi fa una vita come la mia è costretto a vivere.
Un
oggetto del colore che hai scelto... !
- Questa è difficile...
probabilmente di quel
colore potrebbe essere il vomito
autoespandente di un
alieno che ha fatto il pieno di Jabra
(famosa acqua marziana descritta da Isaac
Asimov).
Per
la tua arte quanto é importante il
colore?
- Abbastanza. Tra le altre
cose, l’arte è
finzione, anzi, più che finzione,
inganno; ti fa credere che qualcosa sia qualcos’altro. È un gioco
interessante,
soprattutto se funzionale all’idea o all’emozione che si vuole
esprimere. Per
far questo bisogna servirsi di tutti gli strumenti e di tutti i trucchi
a
disposizione; il
colore
ovviamente svolge un ruolo determinante
nella riuscita.
Inoltre, il valore simbolico e
soprattutto
l’ormai ben codificato impatto psicologico dei colori sono per me
un’arma
indispensabile e un argomento di continuo approfondimento.
Se
dovessi sintetizzare ció che fai in tre
parole...
- Rabbioso,
sincero,
inutile...
E se
ne potessi aggiungere un´altra?
- Inevitabile...
Parlami
della tua produzione artistica...
- Ok, su questo sono preparato.
Per quanto
riguarda i mezzi espressivi, prediligo la scultura,
che
col tempo diventa sempre più strutturata
in una forma di installazione, se non addirittura il tramite per
dar luogo
a performance; dipingo,
ma in misura molto limitata, solo quando quel particolare pensiero
ha
assolutamente bisogno della bidimensionalità. I miei lavori sono
figurativi
(e cosa non lo è?) e indugiano nel realismo senza la ricerca dell’iperrealismo
a tutti i costi. Nelle mie tematiche, cerco
di utilizzare
corpi umani
per parlare di cose umane, di storture o ipocrisie e portare a
galla il
profumo e il fetore racchiuso in ognuno di noi. Questo mi porta spesso
ad
apparire eccessivo e a farmi bollare come provocatore; ma questo è solo
un
inevitabile e appariscente effetto collaterale. Se si va oltre, si può
comprendere come la mia rabbia non sia altro che amore tradito nei
confronti di
una umanità che si ostina ad essere meno di quello che è.
La
mia ultima personale si è svolta a Milano in Febbraio,
con il titolo “Campione
Senza Valore (opere con scadenza)”.
Fotografava
una realtà fatta di vite ridotte a campioni senza
valore, come pacchi
spediti nel nulla, come
bambini da scambiare con figurine, come donne da affittare, come
organi da
mettere all’asta, come tanti zeri allo sbaraglio, come dignità
disoccupate,
come vite da spendere nel guadagno; perché questa è la chiave di volta:
dare un
prezzo per togliere valore.
Così, anche l’artista e la sua
arte valgono zero; per questo motivo, in una performance conclusiva, ho
distrutto alcune delle opere, ormai scadute e libere dal loro
“non-compito”. Le
ho accoltellate e smembrate, lasciandole sanguinare copiosamente: in
fondo, non erano altro
che campioni senza valore...
Quanto
lavori al giorno?
- Non saprei cosa dire. Faccio
fatica a
distinguere il lavoro dal resto, ammesso che il resto esista. Faccio
fatica
anche a distinguere il lavoro come normalmente si intende, prettamente
fisico,
che si svolge quando si fa materialmente qualcosa, dal lavorio
puramente
concettuale che precede e accompagna l’azione. Mettiamoci anche la
fatica che
faccio a distinguere un giorno da quello precedente e da quello
successivo e il
quadro è completo. Dovrei dire 24 ore al giorno, o forse dovrei dire
mai, visto
che molti concorderebbero nel non considerare quello che faccio un vero
lavoro.
Posso solo dire che la mia mente è sempre lì, non importa cosa io stia
facendo
o non facendo; un’ossessione che spesso non mi abbandona neanche nei
sogni...
Caos
o silenzio?
- Il caos è necessario perché
ci sia un ordine,
che poi ridiventerà caos, il silenzio, dal canto suo, è assordante; in base a questi due luoghi comuni, si evince che
non
c’è tanta differenza tra le due cose.
Per quanto mi riguarda, esteriormente sono una persona molto
silenziosa,
interiormente, affronto il caos giorno dopo giorno.
E il
tuo studio...
- Rispecchia la mia
interiorità: caos. Non importa
quanto grande possa essere il mio laboratorio, nel giro di un mese lo
ridurrò
come un angusto deposito di robivecchi, dove se sposti una cosa, altre
settantadue ti franano in testa.
Italia,
Europa o Mondo?
- Universo, possibilmente. E
anche quello che non
c’è oltre.
...il
viaggio nell´arte é importante?
- Per alcuni pare di si.
Io non sono un gran viaggiatore, la curiosità di vedere luoghi diversi
viene
annientata dalla noia del viaggio; gli spostamenti da un luogo
all’altro, non
importa il mezzo utilizzato, sono quanto di più noioso si possa
sperimentare su
questo pianeta, più noiosi dei viaggi ci sono solo le persone che ti
vogliono a
tutti i costi raccontare i loro.
Magari ne riparleremo quando avranno
perfezionato
il teletrasporto, per il momento preferisco i viaggi della mente; in
quello
sono un vero globe trotter.
..fondamentale?
- Respirare, prima di tutto,
subito dopo la
libertà. Non ce n’è mai abbastanza e in giro se ne trova sempre meno; i
costi
poi sono saliti alle stelle, davvero proibitivi. Pensa che ancora oggi
sto
pagando salatissime rate per alcune libertà che mi sono preso anni e
anni fa.
Tutti si lamentano, giustamente, per l’altissimo costo della vita, ma
nessuno
sembra rendersi conto del fatto che una confezione di libertà può
costarti la
vita stessa...
Un
Artista che stimi?
- Mi piacciono alcuni colpi di
scena di Damien
Hirst e le sculture di Ron
Mueck, principalmente per la maniacale
perizia tecnica. Patricia Piccinini mi colpisce molto e anche il tanto
glorificato/vituperato/onnipresente Cattelan ha al suo attivo alcune cose decisamente notevoli. Ma
devo
ammettere che in assoluto la mia stima incondizionata e immarcescibile
va al
caro vecchio Michelangelo;
un faro che a distanza di secoli continua a diffondere una luce
accecante.
Un
Artista a te vicino?
- Se ti dovesse
capitare
di conoscerne uno, ti prego di presentarmelo.
Una
persona che per te é un artista?
- Una persona affabile che
tanti anni or sono entrò nel mio laboratorio per
pura curiosità.
Perché?`
- Nel congedarsi, mi diede il
suo biglietto da
visita, sotto il nome e cognome faceva bella mostra la scritta:
Nullafacente.
Ho il sospetto che avesse scoperto una
verità
scomoda: in fin dei conti, siamo tutti dei nullafacenti in questa vita.
Trash
o Kitsch?
- Kitsch. Ma solo perché di
tanto in tanto mi
accusano di esserlo; chi sono io per contraddirli?
E la
critica? Che rapporti hai?...
- Quasi anali, nel senso che il
rischio di
prenderlo in quel posto è molto alto.
Ti
senti meglio interpretato dalla critica
o dal pubblico "popolare"?
- Mah, salvo rarissime
eccezioni, la critica più che interpretare, cerca di inventare
un’interpretazione, spesso con parole racimolate in malo modo dallo
Zingarelli. Anche per questo sono stato molto contento
del
testo
che Giampiero Mughini ha scritto per una mia mostra, lui
non è un
critico d’arte, ma un intellettuale che ama l’arte; le sue parole hanno
colto
alcuni miei tratti come solo una fotografia avrebbe potuto. Spesso
anche il
pubblico travisa i fatti, le forme, i colori e le intenzioni, ma fa
parte del
gioco, ho imparato ad apprezzare anche questo. Tra i due sicuramente
preferisco
il pubblico; perlomeno, se sbaglia ad interpretare, lo fa in buona fede.
Cosa
ne pensi della frase: “L´Arte é l´unico istante in cui l´espressione
diventa fine e soggetto di se stessa”?
- Esteticamente gradevole, ma
non mi ci ritrovo.
Non vivo l’arte come un istante ma come una forma di vita, e inoltre
quella
descrizione andrebbe bene anche per il sesso e l’orgasmo e forse anche
altre
cose, non so. Preferisco la frase di Gombrich
(dal quale tantissimi di quelli che scrivono
d’arte avrebbero un intero universo da imparare) che recita: “L’arte
non
esiste, esistono solo gli artisti”. Più
vado avanti,
più mi rendo conto di quanto sia vera questa frase e più ne apprezzo le
infinite sfumature che offre.
Che
rapporti hai con il pubblico popolare?
- Ottimi direi. Si va da quelli
che si
scandalizzano per le cose più innocue, arrivando a minacciare
l’intervento
delle forze dell’ordine (si, è successo anche questo...) a chi invece
resta
folgorato e mi coinvolge in appassionati dibattiti sull’arte e sulla
vita.
All’inaugurazione della mia ultima
personale, una persona mi ha preso in disparte e mi ha detto: “La devo
ringraziare, vedere la sua mostra mi è servito più di venti sedute di
analisi”.
A volte fatico a contenere la ribellione
di chi
non ama chi mette il dito nella piaga e altre volte resto imbarazzato
da
dichiarazioni di stima decisamente impegnative, ma la cosa che più
conta è che
chi guarda i miei lavori non resta mai indifferente e, uscito dalla
galleria,
porta con sé qualcosa su cui riflettere.
Strada
o galleria?
- Frequento e apprezzo
entrambe. Purtroppo in
Italia le gallerie diventano sempre meno di supporto per gli artisti,
anche
perché sono troppo preoccupate ad inseguire lo straniero rinomato per
dedicarsi
ad Italiani più o meno emergenti; la questione è puramente economica,
ma più
che una scelta tra la vita e la fame, spesso la loro è una scelta tra
l’opulenza e la ricchezza sfrenata, che è sicuramente l’obiettivo
principale di
quasi tutti al giorno d’oggi. La strada la frequento con l’Arte Inattesa, un progetto che
porto
avanti da tre anni con un complice e che si prefigge di invadere il
territorio
cittadino, preda di palazzi grigi e immagini pubblicitarie, con
incursioni
artistiche a base di installazioni
scultoree; ne
abbiamo già messe a segno tre, in un crescendo di spettacolarità...
Come
dai e che importanza ha il “Titolo”
per i tuoi lavori?
- La nascita di un lavoro,
nella mia mente, spesso
coincide con la stesura del titolo; quando questo non accade posso
passare
anche intere settimane ad arrovellarmi alla ricerca di quelle parole
che,
uniche al mondo, possano essere il “nome e cognome” di quella data
opera. Per
me il titolo è parte integrante dell’opera, tutt’altro che accessorio o
superfluo; se i miei lavori sono arte, allora lo sono anche i miei
titoli.
Poche cose mi rendono più rabbioso, quando visito una mostra, del
leggere le
odiose parole “senza titolo” accanto ad un’opera esposta. È una forma
di
presunzione e di pigrizia, una mancanza di idee e di rispetto verso se
stessi e
verso gli altri talmente grave da parte di un artista che andrebbe
punita con
la polverizzazione dell’opera in questione.
Una
domanda che vorresti ti fosse fatta da un
critico?
- Un critico non fa domande, un
critico sa!
La
risposta?
- La fotosintesi clorofilliana.
Le so tutte!
La
popolarita´ ha inciso molto sui tuoi
lavori?
- La popolarità nell’arte è
molto relativa, si può essere ben noti in un ambito e dei
perfetti
sconosciuti in un altro. Persino i nomi di artisti
celebrati a livello mondiale, non dicono nulla a chi si disinteressa di
arte;
se avessi desiderato la popolarità, avrei scelto di fare il calciatore,
l’attore o il cantante. Comunque, sui miei lavori incide tutto e
niente;
l’unica cosa realmente determinante in quello che faccio è che un
giorno di 38
anni fa sono nato e questo episodio, banale per i più, ha completamente
stravolto la mia esistenza...
Quando
eri bambino magari sognavi di diventare artista... adesso cosa
desideri per la tua carriera?
- Avere le possibilità,
il tempo e la salute per realizzare tutte le cose che ho in testa; che
sono
tante e ben precise. Può sembrare poco, ma è una cosa per
la quale vale la
pena giocarsi la vita.
Un´artista
a cui ti piacerebbe fare delle
domande....
- Vincent
van Gogh.
Che
domanda gli faresti?
- Più che porgli una
domanda andrei da lui due o tre giorni prima del suo suicidio e gli
direi:
“Caro Vincent, lo so che è dura, che per chi ha la pelle sensibile
questo mondo
è fatto di carta vetrata, che ti senti perso in uno dei tuoi immensi e
giallissimi campi di grano, silenti come cimiteri, e che i corvi neri
continuano a volteggiare nei tuoi occhi guizzanti, nella tua testa
rossa, nella
tua anima turbolenta. Ma un giorno la tua vita sarà contesa
dai musei di
tutto il mondo; la gente farà ore di fila per vedere brandelli della
tua
esistenza elegantemente appesa ai muri di imponenti sale, tese di
aulica
cultura. Non posso assicurarti che verrai finalmente compreso, anzi,
forse no,
non capiranno nulla, ma apprezzeranno i tuoi colori, i tuoi vortici, il
dolore
della tua fine e si riempiranno le case con le stampe delle tue
pennellate.
Credimi Vincent, sarà così...”
La
tua risposta?
- Probabilmente si ammazzerebbe
due o tre giorni
prima...
Che
domanda faresti a chi ti ha fatto
questa intervista?
- Chiederei quali sono stati i
criteri per la
scelta dell’intervistato e se si è pentito della scelta.
Ti
lascio qualche riga per farti “pubblicitá”!
Ok?
- Cosa
posso dire?!
Anticipo di avere in programma una mostra a Milano in Giugno, una
installazione
di sculture che galleggeranno nel mare di Palermo in piena estate e una
collettiva a quattro a Roma per fine anno; così avrò inquinato lo
stivale da
cima a fondo!
Per il resto, invito chi ha voglia di
sapere
qualcosa in più su ciò che faccio a fare un click sui miei siti: http://www.androsart.com e http://www.arteinattesa.com
Drago e Scanner ti
ringraziano e... alla prossima!
Voto
s.v.