"Abbiamo lavorato per quasi due anni per portare a Palazzo
Strozzi la prima grande mostra italiana su Ai Weiwei, una delle più
influenti e iconiche personalità del nostro tempo – dice Arturo
Galansino, direttore generale della Fondazione
Palazzo Strozzi – Il lavoro di Ai Weiwei, tra attivismo politico, autobiografia e ricerca formale, ci parla di temi
importanti in modo potente e diretto, utilizzando strumenti e linguaggi artistici a cavallo tra Oriente ed Occidente. Ospitare una simile retrospettiva qui a Firenze significa pensare alla città come a una moderna capitale
culturale, non soltanto legata alle vestigia del proprio passato ma finalmente in grado di partecipare in modo attivo all’avanguardia artistica del nostro tempo. L'aggettivo “libero”, che dà il titolo alla mostra, vuole riferirsi alla libertà riconquistata da Ai Weiwei nel
2015, ma anche al modo totalmente libero e creativo in cui l'artista ha utilizzato e interpretato gli spazi di Palazzo Strozzi”.
Tutti in fila per vedere l’arte (e anche
l’anima) d’opposizione in Cina. Code e sincero gradimento deivisitatori fino all’ultimo giorno per la mostra Ai Weiwei. Libero, che si è tenuta con successo (ha raggiunto la cifra record di 150.000 visitatori) a Palazzo Strozzi di Firenze dal 23 settembre 2016 al 22 gennaio 2017.
“Non separo mai la mia arte dalle altre mie
attività. C’è un impatto politico nelle mie opere e non smetto di essere artista quando mi occupo di diritti umani. Tutto è arte, tutto è politica” ha dichiarato Ai
Weiwei che nel corso degli ultimi venti anni si è imposto sulla scena internazionale come il più famoso artista cinese vivente.
Colpisce nel segno la prima grande retrospettiva
italiana dedicata a uno dei più celebri e controversi artisti contemporanei, curata da Arturo
Galansino, creando un percorso in cui Ai Weiwei invade con la sua straordinaria libertà creativa tutti gli spazi. Per la prima volta infatti Palazzo Strozzi viene utilizzato come un luogo espositivo unitario, creando
un’esperienza totalmente inedita per i propri visitatori e permettendo all’artista cinese di confrontarsi con un contesto ricco di sollecitazioni storiche e spunti architettonici. Ventidue grandi gommoni di salvataggio
arancioni ancorati alle finestre facciate dell’edificio rinascimentale (un
progetto dedicato ai dei profughi che ogni giorno rischiano la vita per arrivare in Europa attraversando il Mediterraneo), mentre nel Cortile si staglia Refraction (Rifrazione),
una gigantesca ala metallica fatta di pannelli solari di oltre cinque tonnellate si trasforma in una suggestiva metafora della costrizione e della
negazione della libertà.
In questa interessante esposizione Sono presenti anche opere nuove, concepite apposta per Palazzo Strozzi. In particolare i quattro ritratti in LEGO di personaggi storici continuano, legandola saldamente alla storia di Firenze, la famosa galleria dedicata ai dissidenti politici di tutto il mondo attraverso le effigi di Dante,
l'esiliato per eccellenza della nostra storia letteraria, di Galileo,
personaggio che incarna gli ideali di verità e l'oppressione contro il
progresso della scienza, di Savonarola, il predicatore simbolo della morale che
si oppone al potere (personaggio controverso che, anche per questo motivo, ha
interessato particolarmente l'artista) e, per legarsi ulteriormente alla nostra
sede espositiva, di Filippo
Strozzi, fondatore del palazzo e strenuo oppositore della famiglia Medici. I
quattro nuovi ritratti formano una sezione dedicata al Rinascimento, assieme a Divina
Proportio , il poliedro che ricorda i disegni di Leonardo per il trattato di Luca Pacioli, ma che ha avuto come prima fonte di ispirazione un gioco usato dai gatti che popolano lo studio di Ai Weiwei a Pechino. Un’emozione nuova e intensa ha colpito Ai Weiwei, sempre impenetrabile e controllato, quasi commosso di fronte alla Nascita di Venere e alla Primavera. I due capolavori di Botticelli erano infatti illustrati in uno
dei pochi libri con immagini che da bambino egli aveva a disposizione negli
anni dell’esilio nel deserto del Gobi, quando il padre, il poeta Ai Qing,
era costretto dal regime di Mao alla rieducazione attraverso i lavori forzati. Proprio
agli Uffizi l’artista ha deciso di donare un autoritratto di LEGO – che si aggiunge alla più grande collezione al mondo di autoritratti
– e nella Galleria, durante la mostra, viene esposta una iconica Surveillance
Camera in marmo, messa in relazione con il Corridoio Vasariano, simbolo del potere e del controllo del principe sulla città. Questa non è
l’unica collaborazione messa in atto: il Mercato Centrale di Firenze ha ospitato una installazione di maxi fotografie della serie Study of Perspective.
Un bel reportage (fotografico e non) è stato realizzato invece alla
Strozzina per illustrare il periodo americano di Ai Weiwei. L’artista, attratto
dall’Occidente, nel febbraio 1981, a ventiquattro anni e con trenta dollari in tasca, si trasferì negli Stati Uniti, prima per studiare
inglese a Philadelphia e Berkeley, e poi a New York, dove frequentò la Parsons New School for Design, al Greenwich Village. Ma non per molto, in sintonia con quell’insofferenza
verso le istituzioni che caratterizza la sua personalità. Frequentò musei e gallerie e fu
colpito dall’arte e dalle provocazioni di Marcel Duchamp, Andy Warhol e Jasper Johns. Non a caso
gli oggetti esposti alla Strozzina rinviano ai ready-made di Duchamp, il dipinto
alle Cinque bottiglie di Coca Cola di Andy Warhol. Storicizzano il periodo
americano migliaia di fotografie in bianco e nero, quasi un blog ante litteram,
con cui l’artista ha documentato i momenti di questa vita bohémien.
Il suo appartamento diventa punto di incontro per gli artisti cinesi, per lo
più dissidenti, che vivono negli USA, e Ai
Weiwei rappresenta un collegamento tra intellettuali dei due mondi. Per mantenersi fa i lavori più svariati:
contribuiscono al suo sostentamento i ritratti che esegue a Times Square
e diviene leggendaria la sua abilità nel gioco del blackjack.
Il percorso della Strozzina è insomma dedicato
alle opere storiche e alle nuove produzioni, permettendo ai visitatori una
totale immersione nel mondo artistico e nella biografia personale di Ai Weiwei. Non sono infatti
solo le opere esposte a fare la differenza in questa mostra. Oltre rimanere
colpito dalla creatività e dall’estro dell’artista
dissidente cinese e icona della lotta per la libertà di espressione, lo
spettatore non può non immedesimarsi in una vicenda umana e artistica ai
limiti dell’incredibile, almeno per noi occidentali. Un esempio che rende
l’idea sono l’opera con le macerie, ma soprattutto il video che
documenta la realizzazione e la distruzione dello studio dell’artista, un
grande e articolato fabbricato, realizzato in collaborazione con la moglie
architetto, lo stesso giorno dell’inaugurazione con le ruspe mandate dal
governo. Anche la ricostruzione filmica di altri interrogatori a cui la polizia
ha sottoposto Ai Weiwei non sono male. Un applauso anche
all’attività esplicativa, alla comunicazione di questa mostra che
non ha certo mancato di sottolineare il senso di tante opere spettacolari e
provocatorie con didascalie e testi adeguati. Il resto lo fa l’acume di Ai
Weiwei, che non manca di stigmatizzare il dramma appena vissuto dalle
popolazioni del centro Italia colpite dal sisma del 24 agosto 2016, con una
serie di opere come Snake
Bag, la borsa serpente formata da 360 zaini scolastici
cuciti a formare un serpente (che ricorda i moltissimi oggetti appartenuti alle
giovani vittime ritrovati dall’artista nelle macerie), come Rebar and Case (Tondino e cassa), un’opera costituita
da contenitori in pregiato legno huali con riproduzioni
in marmo bianco dei tondini in ferro rinvenuti contorti tra le macerie. I
contenitori evocano le bare e la forma stravolta rispecchia gli oggetti che
conservano.
Resta negli occhi e nel cuore anche l’installazione Stacked (Impilate),
presentata in un allestimento site - specific per Palazzo Strozzi, assembla 950 biciclette,
mezzo di trasporto che è parte integrante dell’identità
cinese. Declinata dal 2003 – quando fu presentata col titolo Forever – in diversi
allestimenti, l’opera rinvia al ready-made con la Ruota
di bicicletta di Duchamp del 1913, ma è chiaro che Ai Weiwei ha voluto
sottolineare il problema dei trasporti, molto sentito in Cina, e del suo
impatto sull’ambiente.
Voto
8
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