A distanza di cinque anni da These days , direttamente dal New Jersey ecco riemergere come per magia i Bon Jovi, la rock band per definizione a cavallo tra gli anni Ottanta ed i Novanta, con milioni di dischi venduti all'attivo: poi la frantumazione, i vari componenti indirizzati verso altre attività, il biondo frontman Jon Bon Jovi avviato verso il cinema - da segnalare l'ultima convincente prova accanto a Harvey Keitel e Bill Paxton nel bellico U571 -. Stando a Crush, nulla di nuovo pare brillare sotto il sole: il nuovo album presenta pressoché invariata rispetto al passato la formula che ha assicurato il successo mondiale al quintetto americano. D'altra parte che bisogno avevano i Bon Jovi di inventarsi nuove vie? Il loro sound su base pop-rock ravvivato da insostenibili ballate melodiche alternate a sprazzi metal risulta ancora sorprendentemente attuale, aggressivo, giusto un po' più rifinito e meno 'sporco' se confrontato con quello dei primi album, particolarmente Slippery when wet del 1986, a tutt'oggi il loro best seller, e New Yersey del 1988, a suo tempo protagonista nella notte dei Grammy Awards. Altro motivo per non cambiare la consolidata ricetta sonora è che i Bon Jovi continuano a coniugare qualità testuale a facilità espressiva e ritmica: in pratica le tredici canzoni della track list sono tutte potenziali singoli, costruite su ritornelli contagiosi fin dal primo ascolto, brani insomma che faranno la felicità delle emittenti radiofoniche. Esemplare in tal senso è il primo singolo estratto da Crush, ovvero It's my life, che da diverse settimane impazza nelle classifiche e nell'etere di mezzo mondo. Quanto a genuino rock del Jew Yersey la canzone programmatica dell'album è senza dubbio Just older, esemplare nella sua aderenza alla lezione springsteeniana - e non a caso il 'vecchio' Bruce è il simbolo per definizione del New Yersey -. Sul versante melodico risultano davvero irresistibili ballate come Thank you for loving me o Save the world: da segnalare anche Two story town, Mistery train e la notevole She's a mistery, lenti a pronta presa e dotati di sonorità davvero suggestive. Quando il ritmo va in crescendo i Bon Jovi mostrano d'essere ancora in ottima forma e di padroneggiare il mestiere: le chitarre elettriche cominciano a scaldarsi nella movimentatissima Next 100 years per poi scatenarsi sulla fine dell'album, prima con One wild night e quindi in I could make a living out of lovin' you, che presenta un bell'attacco da pezzo vigorosamente e genuinamente hard. Un bel disco, insomma: il cuore dei Bon Jovi batte ancora e promette di far palpitare per parecchio tempo gli organi cardiaci dei propri fans.
Bon Jovi, Crush [Mercury 2000]
Voto
7
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