Compagnia Sandro Lombardi
Un amore di Swann
Regia di Federico Tiezzi, scene Pier Paolo Bisleri, costumi Giovanna Buzzi, suono Antonio Lovato, luci Gianni Pollini, immagini digitali di Antonio Giacomin. Con Sandro Lombardi, Elena Ghiaurov, Iaia Forte. Foto di Marcello Norberth
Prima rappresentazione nel Cortile del Museo Nazionale del Bargello di Firenze il 23 maggio 2012, il 30 giugno al festival di Asti, Al Piccolo Teatro Grassi dal 7 al 19 maggio 2013
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Passione, gelosia, tradimenti per mondani, sospesi nel tempo e proustiani for ever. Federico Tiezzi torna a dirigere Sandro Lombardi per Un
amore di Swann, una storia apparentemente scontata, che si trasforma in un’indagine
sui sentimenti, che racconta di come un uomo possa rovinarsi per una donna che
non è neanche il suo tipo. La traduzione di Giovanni Raboni e la drammaturgia di Sandro Lombardi rendono viva e pulsante la parte del primo capitolo di À la recherche du temps perdu (Un amore di Swann, appunto) che è di fatto un romanzo nel romanzo. Siamo
nella Parigi della Belle Epoque, fine ottocento, ma il giuoco della seduzione (e del gossip che circonda ogni evento) apre inquietanti
varchi nel quotidiano dei nostri giorni. A rendere ancora più contemporaneo il concetto le scene di Pier Paolo Bisleri, i costumi di Giovanna Buzzi, il suono di Antonio Lovato, le fluenti luci Gianni Pollini e soprattutto le immagini digitali di Antonio Giacomin,
che ampliano le suggestioni e le letture possibili della vicenda. Anche
in chiave metropolitana.
L’uomo di mondo Charles Swann (una sorta di alter ego dello stesso Marcel Proust) viene
reso al meglio da un elegante, indolente e sempre raffinato Sandro Lombardi, Elena Ghiaurov, opportunista, gelida, eppure sempre intrigante, è una perfetta Odette
de Crecy, che seduce lo spettatore e fa perdere la testa al ricco protagonista.
La loro storia viene moltiplicata, facilitata e poi derisa, quando non ostacolata in un salotto (per una volta non televisivo) reso
vivo e faticosamente chic dalla ricca padrona di casa, una ispirata Iaia Forte che, come un effervescente uccello piumato (che cita anche nei fantasiosi copricapi), nel personaggio della mondanissima Madame Verdurin,
trova il modo di esprimere (ed esaltare) la sua verve comica ed espressiva più surreale. Il risultato è un’esplosiva storia di un tormento, di un amore al ritmo di un quartetto di Claude Debussy, che diventa ossessione. E inevitabilmente rovina. Toni comici e drammatici si alternano sottolineando atmosfere con ritmo e nonsense. Ma non sono le disavventure di questa liaison (e dell’amore in generale) a emergere. C’è la voglia di visibilità (e di
emancipazione, di condivisione della scena con i grandi o almeno con gli habitué dei salotti) della piccola borghesia, che si insinua
e rende ancora più contemporanea la trama. E quel senso di immobilismo delle prime scene svapora per dare spazio alla guerra dei sentimenti, al decadimento psicofisico del protagonista (e ai capisaldi della sua epoca
elegante). Una bella prova registica e attoriale, una riuscita evocazione delle
atmosfere della Ricerca del tempo perduto, ma i troppi the end scelti per questo lavoro potevano essere evitati. Non ci sembra infatti aggiunga molto quel frammento di teatro nel teatro
in cui, sull’ennesimo finale, i protagonisti commentano le vicende e se stessi in scena. La piece che ha debuttato nel maggio 2012 a Firenze per la rassegna Estate al Bargello, nel suggestivo cortile del Museo Nazionale del Bargello, è ora in tournée.
Voto
7½
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