Compagnia Virgilio Sieni
Tregua intorno ai corpi
Coreografia, regia, scene: Virgilio Sieni. Con: Simona Bertozzi, Ramona Caia, Cristina Rizzo, Virgilio Sieni. Musica: Stefano Scodanibbio Eseguita dal vivo dall’Autore al contrabbasso
Il 30 luglio 2008 a Drodesera Fies a Dro (Trento), il festival in programma dal 25 luglio al 2 agosto 2008 alla Centrale Idroelettrica di Fies a Dro
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"Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi". Nello spazio mediatico contemporaneo esiste chiaramente un Noi ed un Voi divisi da fili come gettito di cascata da poterci
vedere dentro, affacciarsi semmai, mettere la testa, così, per invidiare, per
sapere che cosa esiste al di là di quel muro fittizio. Dall’altra
parte è il dolore il protagonista e la “Tregua” di Sieni (presentato al Drodesera Fies) esiste soltanto nel dolce, come il sangue,
scorrimento a defluire tra l’una e l’altra dimensione, vicine, confinanti, ben
delineate e separate. Un sipario di filamenti lunghissimi, fibre di pellicole
di bobina, spaghetti di seppia, separè d’imene brechtiano e lucente, illuminati
da una luce che ne esalta l’argenteo mentre il violoncello non viene suonato ma
trapassato, carezzato con la mano ferma e vigile, che non fa sconti,
di Scodanibbio (qui lo scorso
anno con Rodrigo Garcia)
che riesce a portare gli echi ovattati di orecchie sotto il livello del mare,
di sub in piscine di rumori distanti, sottili e penetranti, primitivi,
ancestrali, primordiali. Le tre danzatrici, impeccabili, si riuniscono come a
cercar conforto e speranza, si sostengono, si abbracciano, si tirano su, si
supportano, cadono e si tendono la mano. Si toccano, hanno bisogno del contatto
per identificarsi, per sapere chi sono, dove sono, dove stanno andando. Ferme. Non
siamo sole, sembrano urlare mute. Grande il rigore, la regolarità calda, l’estrema
lucidità e puntualità, come in ogni lavoro del direttore di Cango. Vogliono le
mani, la spalla, le cosce, sentire la presenza, colonna portante in un deserto
distrutto d’affetti. E’ un vuoto che le riempie, grande, ingigantito che fa di
queste donne, le prime vittime della guerra proprio perché non la fanno, ragni
o gatti a scorrere sotto mura fredde, manichini rotti ed impauriti, corpi
ammassati, alveari concentrici come petali, sparpagliarsi lontano, sparate,
sputate, decompresse, strisciano ferite, aperte come un parto, contorte, abbattute,
abbandonate si trascinano legnose. Il buio si dipana, i suoni diventano più
accessibili, riconoscibili. La
Pace è lì a portata di mano. Ma è nera. Che la Tregua è un’assenza di
guerra, l’attimo di pace tra due tempeste. Che torneranno, ritorneranno. Che
abbiamo bisogno che esistano da qualche altra parte, in un altro quartiere, talmente
vicino da filmarla, lontano per non disturbare gli ipermercati e la musica
natalizia.
Voto
7 ½
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