Rayon X
Un fiasco
Creazione Karine Saporta, drammaturgia Luca Scarlini. Con Ginette Dunò, Simone Faloppa.
Coproduzione: Fabbrica Europa, Contemporanea Festival Prato, Teatro Metastasio, Cie Karine Saporta, France Danse Festival. Presentato nel maggio 2011 alla Stazione Leopolda
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E’finita così, con urla, ululati, fischi, i “vergogna” che si sprecavano, e tre
persone tre che applaudivano (uno era Luca Scarlini,
pallido, l’autore della drammaturgia), un pubblico per la prima volta attivo
che protestava, vivace, sonoro, senza paure, non addomesticato e mansueto. Una
vera, sana, contestazione e sommossa popolare, con
tanto di richiesta ai botteghini di avere indietro i soldi del ticket. Comincia
già male l’avventura di “Rayon X”, progetto, presuntuoso e pretestuoso, della Karine Saporta già protagonista anni fa, sempre all’interno di
Fabbrica Europa, di un altro flop clamoroso, quel “Wild”, coreografia equestre, nel
cortile del Teatro della Limonaia. Anche lì fu accolta con sonori fischi. Le
cosucce della Saporta ce le vendono sempre come “eventi”. Se viene dalla Francia è sicuramente eccezionale. Perché, soprattutto dopo il lavoro ignobile con i poveri cavalli, ce la ritroviamo nuovamente? Il pubblico ha memoria, non è che si “beve” qualsiasi porcheria. La coreografa mette le mani avanti: “Rayon X” è in forma di prova aperta stasera. Bene, intanto il biglietto era di dieci euro. Venticinque minuti che sono sembrati due ore e mezzo. Un salone di bellezza con commesso con fiocchetto, capello ingelatinato all’indietro, cuffie in testa, spara lo spray
come avesse tra le mani una pistola. La musica è alta, da disco dance. Ci si
aspetta qualcosa di leggero, trash, sexy-elettrochoc, chic, da party finto
patinato. Mi sono detto: adesso metteranno Madonna
e Lady Gaga,
batteremo i piedi sulle impalcature di ferro, faremo qualche sorriso vedendo
sculettare l’attrice e ce ne andremo. Sarebbe stato prevedibile ma accettabile,
soprattutto a livello di studio. A seguire l’irritante piece gli allibiti Roberto Bacci, direttore della sezione Teatro di Fabbrica, Maurizia Settembri, direttore Danza, e Luca Dini, presidente, nonché di Edoardo Donatini, direttore del Festival Contemporanea di Prato
(quest’anno spostatosi da giugno a fine settembre) che ha già comprato lo
spettacolo. Una boutique cosparsa di X (pare X Factor) con tanto di camerini (quanto è costata la scenografia?), una cliente stupidina e oca giuliva che vuole rifarsi “tette e culo”
che spreca gli ansimi. Non manca certo il nudo, come farne a meno?, nei due (due!) passi di danza, più che altro piroette. Un testo sconvolgente per banalità che voleva denunciare l’abuso del “corpo delle donne” e che, soprattutto nel finale (quello che ha
fatto veramente infuriare una platea già pentola a pressione) quando è stato
inscenato un corteo femminista anni ’70, con tanto di pugno alzato, con una ventina di comparse alzatesi dagli spalti. Lì la gente non ci ha proprio più visto. Da salvare, dal fango, la citazione da le Tre sorelle di Cechov, con il commesso (l’incolpevole Simone Faloppa) che incita “A Mosca, a Mosca, a Mosca”. Meglio in Siberia.
Voto
3
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