Le pareti della solitudine
Progetto drammaturgico e regia di Massimo Luconi
Dall’opera di Tahar Ben Jelloun, scene Jaume Pensa, musiche live Maly Dialy Cissoko, Mirio Cosottini, costumi Paola Marchesin, luci Roberto Innocenti, con Fernando Maraghini
Al teatro Fabbricone di Prato dall’8 al 16 aprile 2003
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Il tema della solitudine e dell’estremo malessere nello
scontro tra differenti culture è alla base del lavoro che il regista Massimo Luconi propone
dall’8 aprile al 16 aprile 2003 al teatro Fabbricone di Prato. Si chiama Le
pareti della solitudine ed è ispirato al romanzo/saggio che Tahar Ben Jelloun ha realizzato
con un linguaggio simbolico e poetico tra il 1975 e il 1976. la storia nasce
dall’esperienza che Jelloun
ha avuto come psicologo in un centro di accoglienza per immigrati a Parigi.
<>La struttura narrativa dello spettacolo riprende e sviluppa
in forma poetica, non realistica i temi al centro del romanzo di Tahar Ben
Jelloun, ma accanto al progetto drammaturgico Luconi sviluppa, con la
consueta intensità, un percorso, quello sonoro. In questa nuova sperimentazione di teatro musicale la musica e il canto
sono di Maly Dialy Cissoko, uno straordinario musicista senegalese che vive da
alcuni anni in Italia. Dal vivo anche la tromba di Mirio Cosottini, che con i
suoi interventi contribuisce a dilatare poeticamente la valenza sonora della
parola.
I costumi sono di Paola Marchesin, le scene di Jaume
Plensa, uno dei più significativi artisti contemporanei. Plensa cura la
scenografia con un allestimento che sfrutta gli ampi spazi del contenitore
Fabbricane. La scena è caratterizzata dall’opera Freud’s children (2001) in alluminio, gesso, pompa per acqua.
Nell’installazione di Plensa,
l’artista riesce a coniugare tecniche tradizionali con materiali altamente innovativi ritrovando quella sensibilità
originaria e quelle sue radici legate alla civiltà africana. Il risultato è di
una intensità tragica: il silenzio e il buio avvolgono l’opera, si entra con
una piccola torcia in mano. E subito colpisce il delicato gocciolio d’acqua, in un
secondo momento il fascio di luce viene attratto verso la fonte del suono. Il
tutto in una catarsi che induce al ricongiungimento alla propria memoria,
all’invisibile.
Voto
7
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