C’è del marcio in Danimarca
Idea e regia: Stefano Massini
Coordinamento artistico: Stefano Massini con la collaborazione di Antonio Fazzini, Allievi autori: Matilde Cigno, Valentina Dugo, Fabio Mazzoni, Giacomo Quinti, Spazio scenico: Paolo Li Cinli. Costumi: Caterina Bottai, Micol Medda, In scena: Giualia Aiazzi, Duccio Baroni, Maria Giulia Ciucci, Elena Cravedi, Claudia De Carolis, Alessandra Giachetti, Valentina Ioannucci, Matayè Lunardi, Giulia Marzuoli, Naresh Coppola Neri, Eugenio Nocciolini, Emanuele Nuti, Edoardo Orlandi, Giacomo Rosa, Sinan Sadalla, Aurora Taiuti, Martina Vianovi
Visto al Teatro Manzoni di Calenzano (FI), il 27 febbraio 2011
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Come già fece Antonio Latella
con il suo “Progetto Non Essere”, anche Stefano Massini, con gli allievi della Calenzano Teatro Formazione, compie
un’autopsia d’analisi all’interno dell’“Amleto”, classico dei classici. Lo spoglia, lo riveste di parole nuove, ne scova le ombre, lo ripulisce, gli dona riflessi d’altre luci. “C’è del marcio in Danimarca”, una tra le tante battute passate
al senso comune, è la riscrittura-rilettura che contiene “Working on Hamlet”, letture dalle traduzioni più celebri, “Le stanze
di Amleto e Ofelia”, le parole che i due non si sono mai detti e che Shakespeare ha dato per scontato, e l’esilarante “Rosencrasso
e Ghildersterno”, parodia Ottocentesca di William Gilbert, molto
prima di Tom Stoppard. Una lezione sull’esistenza, attraverso le folgoranti citazioni dei due falsi amici del Principe, sulla finzione, sul
teatro, su che cosa siamo. A ritroso, è una spiegazione alle vicende amletiche, le citazioni assumono un’altra veste, per scoprire che è stato tutto un fraintendimento, un equivoco, un qui pro quo. Il vaso di Pandora è stato
aperto, gli scheletri nell’armadio hanno parlato e si sono rivelati per ciò che erano: argilla e non marmo. Il palco è una passerella da sfilata costruita al centro del teatro. Massini forma, sforna, inforna una nidiata di giovani attori
già con piglio e audacia: Rosencrasso e Ghildersterno, i bravi Lunardi e Nocciolini, una sorta di Franco e Ciccio, hanno capacità di movenze e gestualità interpretative che
oscillano tra la farsa e il picaresco, Duccio Baroni, non lo scopriamo adesso, già attore massiniano, è un Claudio-drammaturgo logorroico e incompreso, una sorta di Nerone stonato con la sua cetra, la Ciucci è un’Ofelia svampita, imbambolata dai concetti filosofeggianti sparati a raffica dai due guitti impostori. Un’allegra brigata, un’Armata Brancaleone che tenta di porre rimedio alle faccende della vita portando
ulteriore scompiglio. L’esistenza è casualità, coincidenza, un telefono senza fili. Da oggi Amleto sarà visto con altri occhi.
Voto
8
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