Si chiude nel segno della memoria
commossa la stagione 2010 del Teatro di Rifredi con un’interprete di
razza. A Viareggio dicono che all’interno del cimitero ci sono due “bimbe”, una
di marmo e l’altra che riposa sotto terra. L’affabulatrice di Forte dei Marmi, Elisabetta Salvatori, ci fa rivivere delle
storie piccole con la sua mano dolce, il suo sorriso soffice, la sua
delicatezza. Non a casa la chiamano “la fatina”. E il dialetto, a metà strada tra
le montagne, le Apuane, ed il Tirreno, regala quel
quid di terreno, di materico, di carnale. Impegno civile e cuore pulsante. “La
bimba che aspetta” è una storia popolare che ogni bambino sente in Versilia fin
dall’infanzia, un po’ noir, un po’ misteriosa. Ci si affeziona alla bimba, si
va a trovarla, si va a fotografare la statua, perfetta
come una fotografia tridimensionale. Storie di lutti e speranze, storie di uomini dalle mani callose ma che sanno accarezzare
un blocco e renderlo vero, vivo, animato. Storie di maestri che con lo
scalpello scolpiscono “una rosa che ne puoi sentire anche il profumo”. La
Salvatori, legata sentimentalmente per molti anni a Carlo Monni, è anche
attrice-autrice (sempre accompagnata dal violino del Maestro Matteo Ceramelli) di
“Viola”, su Dino Campana, “Bella
di nulla”, sui racconti della propria nonna, “Scalpiccii sotto i platani”,
sulla strage nazista di Sant’Anna di Stazzema, “Vi abbraccio tutti”, sulle
storie tra la Garfagnana
e la via Emilia, piece pubblicate sul volume “Mare, marmo, memoria”
edito dalla Titivillus. Vestito bianco,
sgabello. Dietro di lei
il violino del compagno a sottolineare e qui, per l’occasione,
anche la fisarmonica di Davide Giromini per rendere ancora più emozionante e
commovente il racconto. Mai stucchevole. Portarsi i fazzoletti. Da ascoltare.
Da vedere. Anche ad occhi chiusi. Info: 055.4220361;
biglietti: 14, 12 euro; www.toscanateatro.it.
Voto
7
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