La donna serpente
Fiaba teatrale tragicomica in due atti
Di Carlo Gozzi, adattamento drammaturgico e regia Giuseppe Emiliani, scene Graziano Gregori, costumi Carla Teti, maschere e oggetti Renzo Pardini, Roberta Traversa, musiche originali Uri Caine, con Marcello Bartoli, Marta Paola Richeldi, Tiziana Bagatella, Lino Spadaro, Giorgio Bertan, Alberto Fasoli, Michela Mocchiutti
Dall’8 al 12 novembre 2006 al Teatro Metastasio di Prato e poi prosegue il tour italiano
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Continuamente tra il dentro e fuori, nel teatro del teatro
pirandelliano, sei personaggi in cerca di regista, con tracce pinteriane, “La donna
serpente” scivola e srotola il suo linguaggio arcaico, biscia che
sgattaiola (al Metastasio fino al 12 novembre
2006 e poi prosegue
la tournée in tutta Italia), sguscia e s’insinua senza lasciare il segno. La
favola, del secondo Settecento, di Carlo Gozzi,
lingua veneziana da Commedia dell’Arte con Pantalone, Brighella ed altre
maschere, 10 e lode, è tenuta per le redini dal capo popolo, un po’ Masianello
e un po’ Mangiafuoco, capo clown o regista titanico, superlativo Marcello
Bartoli, che con copione in mano muove a proprio piacimento, come marionette e
burattini, che poi effettivamente appariranno sulla scena, i sei attori un po’
freddini. All’impruisa la commedia tuonavano gli Zauber. Un filo di sabbia, o
mangime per polli (il pubblico?), circolare divide ciò che è reale, fuori,
dalla scena-arena-palco, la finzione-recitazione del dentro. Un affollamento di
maschere (da Premio Ubu) di Renzo Pardini e Roberta Traversa, che sfora nel
gotico. Visivamente
eccelso, esteticamente ricco e gonfio e pieno, colorato fino all’eccesso,
barocco e volutamente debordante. Cavalleresco e cabarettistico, circense e
carnevalesco. Lo sfarzo dei costumi, scenografie e invenzioni mascherate sono
la parte più comica, evocativa e stupefacente: la cerva bianca (ricorda “La
centaura” di Ronconi e Melato), che si muove tra panni e sete svolazzanti, la
porta arrugginita basculante sul fondo che si apre come “Ascensore per
l’Inferno”, l’Arcivescovo con faccia da mandarino cinese e braccia lunghissime,
il padre del Principe, cadaverico ma tutto dorato. Kimoni tempestati come
Madama Butterfly di ricami accecanti, sete sbalorditive e mosaici ammiccanti,
lucenti rasi e intarsi di tessuto. La Regina (la madre in “Generali a merenda” di Luconi) è un
fantoccio mosso da un’attrice a vista, così come il pupo siciliano (Cuticchio dove
sei?), la Vecchia Strega rugosa, alla Cappuccetto Rosso, che offre la mela, più simile ad un Goblin, i
bambini con testone di cartapesta quasi matrioske con le gambine. E il
Minotauro e il Gigante, il Dragone cinese. “Verrà la
morte ed avrà i tuoi occhi”, ma quello era Cesare Pavese.
Voto
6 ½
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