E’
il romanzo d’esordio di Alex
Garland, londinese, classe 1970, figlio del noto cartoonist Nick. La storia inizia con l’arrivo di Richard, un
giovane inglese, nel variopinto crocevia multirazziale di Khao San Road, a
Bangkok, nella classica pensione squallida. E’ qui che il protagonista ha uno
strano incontro ravvicinato con il sedicente Mr. Duck che, in breve, si suicida
dopo aver lasciato una mappa alla porta di Richard. In genere le mappe portano
a tesori nascosti su isole deserte, in questo caso il tesoro in questione è una non meglio
specificata spiaggia che, ben presto, nell’immaginario del ragazzo inglese
e di due giovani fidanzati francesi suoi coetanei si configura come una sorta
di paradiso intangibile allo sfruttamento turistico organizzato. E così i tre
partono verso l’edenica meta, ci arrivano nonostante l’isola della spiaggia sia
interdetta ai turisti quale riserva naturale e, alla fine, quando ci arrivano,
la trovano già occupata. Già, perché nella splendida laguna che incornia e
occulta la
spiaggia, i tre pionieri del turismo alternativo autori della scoperta,
hanno finito per scegliere di colonizzarla in versione ristretta, scegliendo
via via i vari eletti degni di viverci, o accogliendo coloro che erano stati
abbastanza coraggiosi da arrivarci in proprio. Perché pericoli da attraversare
ve ne sono: un tratto di mare da attraversare senza traghetti – e dove gli
squali sono una possibilità concreta –, un duro percorso tra le radure e la
giungla dell’isola, un enorme salto nelle acque della laguna e, per finire,
scafatissimi narcotrafficanti che sorvegliano le piantagioni segrete di erba, che
nell’ambiente dell’isola thailandese prolifera come non mai. Quando Richard e
la coppia di francesi arrivano, trovano una società con un capo, rigidamente
organizzata in classi di lavoratori con proprie competenze ed orari: pescatori,
carpentieri, contadini: i tre nuovi ‘bagnanti’ vi si integrano a perfezione, al
punto che la cognizione del tempo non è che un ricordo sfumato – Richard si
accorge dei suoi cambiamenti estetici (barba, capelli lunghi e pelle abbronzata)
solo in un momentaneo ritorno alla civiltà per gli approvvigionamenti –. Il
giovane protagonista, che ha Apocalipse
now scolpito nella memoria, finirà per diventare la spalla dell’unico
pseudo-militare della spiaggia,
occupato in estenuanti avvistamenti (per nuovi ospiti indesiderati) e in rapide
rapine di erba, amatissima dai coloni locali. Tra fumatine e ‘stonature’ da
erba, si arriva anche fino al momento dell’immancabile collasso di una società
forse troppo ideale, con un finale più teso e stringente che per certi versi
non manca di rievocare in chiave ristretta la chiusa de Il signore delle mosche, il capolavoro del nobel William Golding,
pure incentrato su una società insulare anche se infantile, pure diretto verso
simili analoghe conclusioni: la fine del sogno dell’Eden in Terra. Il percorso
che Garland
sceglie per arrivarci è emblematico dei miti di consumo dei giovani alternativi
di oggi: L’ultima spiaggia
è piena di indefessi consumatori di sigarette e canne, di accaniti lettori di fumetti, di
spettatori di cartoons della Warner
Bros e di giocatori di Gameboy.
Alex Garland, L'ultima spiaggia, Milano, Bompiani, 1997; pp. 395
Voto
7½
|
 |
|