Il documentario di Davis Guggenheim
è la traslazione sul grande schermo delle conferenze che l’ex vicepresidente
americano Al Gore dopo la scottante sconfitta alle presidenziali del 2000 ha
iniziato a portare in giro negli Stati Uniti e in tutto il mondo per
sensibilizzare l’opinione pubblica al problema del Global Warning, il
riscaldamento globale, che minaccia di cambiare il volto del pianeta in un
futuro pericolosamente prossimo. Si tratta a tutti gli effetti di un one man
show in versione cinematografica: Al Gore da attore consumato si presenta
come “l’ex futuro presidente degli Stati Uniti”, precisando poi che in effetti
non c’è niente da ridere, anche se più volte nel corso delle varie fasi della
sua efficacissima presentazione si servirà del grimaldello di una sottile
ironia per rilevare la politica autodistruttiva del proprio paese – e in
particolare dell’amministrazione Bush, rea di aver rifiutato la ratifica del
Protocollo di Kyoto e d’aver avviato una campagna informativa assai distorta
sui pericoli del riscaldamento globale –. Una scomoda verità concede agli
spettatori qualcosa a livello umano rivelandoci la genesi dell’impegno di Al
Gore: la formazione della sua coscienza ambientalista durante i suoi anni da
brillante studente a Harvard, a seguire le lezioni di Roger Revelle, il primo
scienziato a misurare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera; la
sua appassionata denuncia di giovane politico per trovare una soluzione al
riscaldamento globale, una disgrazia personale piuttosto recente che ha reso il
suo impegno più forte che mai, soprattutto dopo la sconfitta elettorale del
2000. Un grafico dopo l’altro, tabella dopo tabella, la scomoda verità emerge
con un’evidenza incontrovertibile: la corsa dissennata verso il profitto a
tutti i costi oltre a bruciare le risorse del pianeta lo sta avviando verso la
distruzione, e i principali responsabili siamo proprio noi, gli esseri umani.
La nostra pressione sull’ambiente circostante è più o meno triplicata dalla
metà del secolo scorso, e con essa è aumentata a dismisura anche l’emissione di
anidride carbonica nell’atmosfera – che nell’economia del pianeta è una
pellicola assai sottile e sempre più fragile negli ultimi decenni –, con
relativo aumento del cosiddetto “effetto serra”: a causa del crescente
inquinamento l’atmosfera del pianeta trattiene una parte dei raggi infrarossi
creando di fatto una sorta di ‘serra’ globale. Tale fenomeno è evidente in
particolare ai due poli, dove la temperatura rispetto all’Equatore aumenta in
proporzione di 1 a 12: la perdita di spessore delle calotte polari ne riduce la
funzione di specchio per le radiazioni solari. La diretta conseguenza di tale
stato di cose è un innalzamento delle acque oceaniche che minaccia cento
milioni di persone residenti in città e aree costiere. Al Gore prosegue poi
mettendo in rilievo i numerosi effetti collaterali del riscaldamento globale:
lo scioglimento dei ghiacci antartici ed artici, ad esempio, per la loro minore
salinità potrebbero interrompere la Corrente del Golfo causando un brutale calo
delle temperature nell’Europa settentrionale. Il politico americano evidenzia
inoltre la progressiva diffusione di tifoni e uragani in zone che fino a quindici
anni fa non ne erano interessate, come pure rileva la sempre più preoccupante
estensione delle aree soggette a desertificazione. Una scomoda verità
si conclude con un’esortazione alla speranza: siamo ancora in tempo a
risolvere il problema, basta averne la volontà politica ed avviare un’azione
comune coordinata a livello internazionale. Nel frattempo potremmo mettere in
pratica i semplici ed utili consigli impartiti con i titoli di coda: i grandi
cambiamenti globali che il pianeta attende iniziano dalla coscienza ecologica
di ogni bambino.
Una scomoda verità - An inconvenient truth, regia di Davis Guggenheim, con Al Gore; documentario; U.S.A.; 2006; C.; dur. 1h e 40’
Voto
7/8
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