Ken Parker, creato nel 1977 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, non è un western nel senso tradizionale del termine, o non lo è soltanto: trascende i confini del genere. L'ovest americano che fa da sfondo alle vicende umane del protagonista è visto con occhi del tutto nuovi, senza concessioni ai topoi narrativi della tradizione. L'albo d'esordio uscì in tutta Italia nel giugno 1977, per i tipi della Cepim di Sergio Bonelli e dunque nel classico "formato Tex" (anche se con una grafica di copertina originale rispetto alla tradizione). Il personaggio risaliva però a tre anni prima: era nato infatti nel 1974 per essere proposto in un unico episodio autoconclusivo da inserirsi nella Collana Rodeo. Bonelli, tuttavia, aveva bisogno di materiale per riempire gli spazi vuoti tra una puntata e l'altra della Storia del West di Gino D'Antonio; così, dopo aver letto il racconto, chiese allo sceneggiatore Giancarlo Berardi e al disegnatore Ivo Milazzo di realizzarne un secondo, e poi un terzo, finché si convinse che il protagonista di quelle storie aveva un notevole "spessore" e meritava una serie tutta sua. Chiunque si trovi oggi a fare i conti con il western deve necessariamente sottostare alla regola dell' Im Westen Nichts Neues: all'Ovest niente di nuovo. Migliaia di film, romanzi e fumetti hanno sfruttato ogni situazione in tutte le possibili salse. Giancarlo Berardi si deve essere reso subito conto dell'impossibilità di dire qualcosa di nuovo in un contesto in cui si è detto tutto. E allora? Come È stato possibile per Ken Parker, nonostante questo handicap di fondo, incidere così profondamente nel mondo del fumetto italiano al punto da segnare in esso una svolta epocale? Innanzitutto, l'approccio verso gli ingredienti più tradizionali del genere western (gli attacchi degli indiani, le rapine alle banche, i ladri di bestiame e così via) è di sostanziale accettazione. Se non si cerca di modificare le situazioni in quanto tali, si modifica però l'ottica attraverso la quale queste situazioni vengono presentate al lettore. Non più la tradizionale divisione in "buoni" e "cattivi", ma il tentativo di esporre le ragioni degli uni e degli altri; non più eroi a tutto tondo, ma personaggi problematici, spesso tormentati da dubbi, angosce e incertezze; non più un mondo di relazioni interpersonali semplificate (se non banalizzate) ma un'analisi spesso profonda della psicologia e dell'intimo dei protagonisti. Tutto ciò viene raggiunto con una cura certosina, in fase di sceneggiatura, della scansione cinematografica delle sequenze e del loro montaggio, della sottolineatura dei dettagli e degli sguardi, dei dialoghi dove niente viene lasciato al caso e ogni parola ha il suo giusto peso e un preciso ruolo da svolgere. Un secondo elemento da tenere in considerazione è la continua modificazione delle coordinate di base. In altre parole, i personaggi a fumetti più tradizionali attraversano le loro avventure uscendo tali e quali a come vi erano entrati, pronti a scendere di nuovo in campo sempre dal medesimo punto di partenza. Non così avviene per Ken Parker, al quale le vicende della vita segnano sulla pelle marchi indelebili: non solo si modificano le caratteristiche esterne del personaggio (che cambia lavoro, amici, città) ma anche e soprattutto matura la sua psicologia che si arricchisce continuamente dal punto di vista umano e culturale. Inoltre, Ken spazia in una dimensione più ampia di quella del western tradizionale: lo vediamo perciò cacciatore di balene tra gli iceberg e investigatore tra i palazzi di città. Infine, le avventure di "Lungo Fucile" sono caratterizzate da una costante contaminazione tra più generi: dal cinema alla letteratura, dalla musica al fumetto. Ken Parker maneggia i versi di Walt Whitman, commenta Il Capitale, recita l'Amleto, incontra Ambrose Bierce; ma si imbatte anche in Tex Willer e Totò, marcia insieme ai lavoratori del quadro di Pellizza da Volpedo, prende a pugni Poirot, conversa amichevolmente con i suoi stessi autori, diviene amico del Dersu Uzala di Kurosawa (anche se qui si fa chiamare Nanuk) e di Pippi Calzelunghe (Pat O'Shane), bacia Marilyn Monroe/Norma Jean. Gli esempi si sprecano, e potremmo continuare a lungo: da questo punto di vista, dunque, néMartin Mystère né Dylan Dog hanno inventato nulla. E' con Ken Parker, del resto, che si apre il rinnovamento dei personaggi di casa Bonelli, per i quali si schiudono finalmente nuove prospettive: quelle del "popolare d'autore".
Voto
8
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