A rischio di sembrare blasfemo, scandalizzare i benpensanti o di cortocircuitare l'intero sistema dell'immaginario collettivo, ne sparo una grossa: a me, le storie di Giuli Bai fanno venire in mente le canzoni degli 883. Una in particolare, "Gli anni", piena di nostalgia per i momenti spensierati di una gioventù passata con gli amici a vedere partite di calcio e telefim in TV, a scorrazzare in motorino per le strade del quartiere, e soprattutto a bivaccare al bar con gli amici. Quegli amici che ricorrono con insistenza nelle canzoni di Max Pezzali, e che contano più delle donne; quegli amici con cui si fa gruppo nei locali fumosi, si beve birra e si gioca a biliardino (o ai videogiochi), e si passa il tempo a sparare cazzate, a inventare scherzi, a progettare rotte verso la "casa di Dio" (che poi è solo una festa con le ragazze in gonna corta che aspettano e vogliono ballare). Fra gli 883 e gli "anni" di Giuli Bai ci sono almeno tre decenni di differenza, ma al di là della collocazione geografica e temporale lo spirito che anima le storie raccontate da Max Pezzali e da Giancarlo Berardi non è molto diverso. In un suo articolo sull'argomento pubblicato sul Ken Parker Magazine n° 4, Ferruccio Giromini scrive qualcosa di simile restringendo però il campo alla collocazione geografica: secondo lui, insomma, Berardi & Milazzo hanno ambientato le storie di Giuli Bai a Genova "perché entrambi sono nati e cresciuti a Genova e perciò i loro ricordi della fine degli Anni Cinquanta sono tutti e del tutto genovesi". Però, prosegue Giromini, "se i loro personaggi vivono a Genova e parlano genovese, questo non significa affatto che vadano sospettati di campanilismo o provincialismo. Giuli Bai e i suoi amici sono anzitutto ragazzi degli anni Cinquanta; se sono genovesi, essenzialmente è perché i loro autori li sanno raccontare meglio come genovesi che come, poniamo, triestini o palermitani. Ma le storie non sono genovesi e basta". Verissimo, ma aggiungo io: non sono neppure degli Anni Cinquanta e basta. Perché c'è nella vita di tutti una età dell'oro il cui ricordo palpita nella nostalgia di ognuno; perché ciascuno di noi ha un bar, un juke-box, un biliardo o un flipper da rimpiangere, e un gruppo di amici che poi la vita ha sfoltito e selezionato; perché fra i quindici e i trenta le abbiamo percorse tutti, in compagnia, le rotte verso la casa di Dio. Resta il fatto che nelle (purtroppo poche) storie di Giuli Bai, Berardi & Milazzo hanno saputo ricostruire con eccezionale efficacia il sapore di un'epoca, quella dei loro ricordi, delle loro nostalgie, della loro golden age. Diversa, eppure simile a quella che abbiamo avuto tutti, quella in cui, come scriveva Hemingway, "eravamo tanto giovani, tanto poveri e tanto felici".
Voto
7+
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