Un vero e proprio show all’Artemio Franchi di Firenze tra Broadway ed Hollywood Studios , e Cinecittà, molto in stile Las Vegas con un corpo di ballo in tutine adamitiche bianche aderenti che somigliavano a spermatozoi o globuli bianchi piroettanti, poi in coreografie da mummie o ancora da zombie.
Un grande Buddha, anch’esso bianco, con le gambe conserte sedeva dietro il palco e imponentemente controllava impassibile la scena: era il sogno, uno dei cavalli di battaglia, insieme alla maschera pirandelliana ed alla follia, oltre che all’amore ovviamente, del signor Zerofobia.
“Sono il peso e la statura dei vostri desideri” annuncia la voce fuori campo prima dell’ingresso trionfale nell’arena calcistica fiorentina esaurita in ogni angolo.
Dall’alto l’impatto è da brividi, migliaia di mani, i flash che scandiscono le note, il buio che cala silenzioso lasciando illuminato Fiesole e le meravigliose colline, mentre la Fiorentina si gioca la serie A lontano da qui, al gol il boato è collettivo e contagioso, e sul palco l’idolo di tre generazioni di sorcini canta la sua anima.
“Nel caso foste sprovvisti di sogni, procuratevene uno, perché vivere senza è come rivivere in bianco e nero”, pennella Zero dal palco, 54 anni e non sentirli.
Tre ore di spettacolo, mentre il Renato nazionale continua a sfoggiare costumi nuovi, tra qualche piuma di struzzo, colori sgargianti, ora tutto in nero, ora angelico in bianco.
“Madame” è il primo dei grandi successi, al quale segue “Manichini” ritmato con il banjo, con Renato che entra cavalcando un gigantesco tubetto di vernice stile gondoliere di laguna, il batti mano è forte e l’urlo si alza, balla addirittura anche la conservatrice tribuna, vip e meno noti al seguito.
“La favola mia” incalza mentre scatta l’elogio a “questa Toscana che mi appartiene, a voi che mi avete viziato, coccolato” dice rivolto al pubblico, poi arriva la volta di “Morire qui” e “Cercami”, “Inventi” e “Amico”, scritta con Baldambembo, con l’incursione di Rosalino Cellammare, in arte Ron che poi delizia al piano con “Non abbiamo bisogno di parole”.
“Mi vendo” e prima de “Il carrozzone” arriva anche l’amico Giorgio Panariello, poi è “Più su” ad emozionare, la nostalgica “Vecchio”, “Madame” cantata con l’ugola d’oro Alexia.
Sceneggiate alla Mario Merola, da melodramma, da attore consumato, Renato Zero, costume da domatore di leoni ma volto acqua e sapone si commuove prima dell’ultima trance con il “Triangolo” e “Spiagge” e, stavolta vestito da Napoleone, nel gran finale con “Il cielo” e “I migliori anni della nostra vita” con l’immancabile urlo liberatorio: “Non dimenticatemi, eh” .
Voto
8
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