Nato
nel New Jersey nel 1949, Bruce
Springsteen come nessun altro è riuscito a dipingere uno straordinario
affresco delle mille contraddizioni del sogno americano. Da un artista completo
(cantante, autore, chitarrista) come il "Boss" era lecito attendersi un
album di reazione dopo l'attentato alle Twin Towers che l'11 settembre 2001 ha
scosso il mondo intero. Reazione cui Springsteen non si è
sottratto, riallacciando nell'occasione il fil rouge interrotto nel 1987
con la E Street Band, il suo naturale gruppo di supporto: il risultato sono le
quindici tracce di The Rising, un disco che affronta anche l'11
settembre, certo - basta ascoltare in merito Empty Sky, You're
missing, My city of ruins o Into the fire -, ma più che altro
che, invece di rispondere ad una strage con slancio patriottico, racconta.
Racconta l'America che soffre, racconta storie di dolore universale, racconta
di uomini caduti in cerca di una ragione per andare avanti. The Rising
è una tavolozza in cui Springsteen dipinge usando variegati colori d'umanità,
racconta e viaggia verso la speranza. Perché il tratto distintivo del Boss, il suo punto di forza e l'apice
della sua arte, è sempre stato questo: raccontare la gente comune, affrontare
il mosaico di luci ed ombre della realtà, tratteggiare schegge di verità. In
tal senso The Rising non tradisce minimamente. L'apertura è
affidata ad un dittico di grande impatto costituito dalla movimentata Lonesone
Day e dal minimalistico lirismo della splendida Into the fire, un blues
da brividi acustici e di sapore rurale. Il secondo picco emotivo su grande
scala è senza dubbio Empty Sky, una rock ballad energica e
ruvida: il cielo aperto lasciato da due torri crollate metafora del dolore per
chi è rimasto sepolto tra le macerie lasciando un vuoto incolmabile nella vita
delle persone che gli orbitavano intorno. Sulla stessa linea ma sviluppata su
una melodia di dolente accettazione anche You're missing. La gemma più
ritmata di The
Rising è invece la title track, un inno alla speranza,
l'ideale ambientazione sonora per lasciare andare a briglia sciolta tutto il
vigore rock della E Street Band. D'obbligo segnalare anche My city of
ruins, una ballata intensa da far male, scritta prima del fatidico 11
settembre 2001 ma divenuta famosa perché Springsteen la interpretò al
Telethon americano del 21 settembre, quando il brano si accordava
(tragicamente) a perfezione con
l'atmosfera opprimente ed oscura che ancora avvolgeva New York. Altri
brani saldamente inquadrati nella tradizione springsteniana sono l'intrigante pop
rock di Waiting on a sunny day, la trascinante vena di Countin’
on a miracle, il teso groove di Further on (Up the Road) ed
il non indispensabile raggio di sole offerto da Mary's place. L’album
presenta anche il curioso esperimento orientaleggiante di Worlds apart,
eseguito con una band pakistana (che canta in qawwali) capeggiata da
Asif Ali Khan. The Rising nel complesso può definirsi l'ennesimo
capolavoro della straordinaria carriera di Springsteen, nonostante qualche
smagliatura qua e là: nel suo caso del cantautore americano anche le
imperfezioni e gli eventuali eccessi contribuiscono a far quadrare il cerchio
di un disco emozionante e capace di regalare nuove sfumature ad ogni ascolto,
un disco che va dritto allo stomaco passando per il cuore. D'altra parte lui
può permettersi anche questo: in fondo ci sarà pure un motivo perché lo
conosciamo come il "Boss", l'unica rockstar coerente da una
vita, uno dei pochi
artisti a misura d'uomo che il variegato mondo dello showbiz possa
ancora annoverare.
Bruce Springsteen, The Rising [Columbia 2002]
Voto
8
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