Compagnia Lombardi-Tiezzi
Gli Uccelli, di Aristofane
Di Aristofane, traduzione Dario Del Corno, drammaturgia Sandro Lombardi, regia Federico Tiezzi, scene Pier Paolo Bisleri, costumi Giovanna Buzzi, luci Gianni Pollini, con Sandro Lombardi, Alessandro Schiavo, Massimo Verdastro, Silvio Castiglioni e con Leonardo Capuano, Marion D’Amburgo, Clara Galante, Ciro Masella, Debora Zuin, Aleksandar Karlic
Al Teatro Metastasio di Prato dal 29 novembre al 3 dicembre 2006, al Teatro Studio del Piccolo Teatro di Milano dal 23 gennaio all'11 febbraio 2007, dal 1 al 4 Marzo 2007 al Teatro Alighieri di Ravenna
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Compagnia Lombardi-Tiezzi, Gli Uccelli di Aristofane, presentazione
Compagnia Lombardi-Tiezzi, Gli Uccelli di Aristofane, recensione
Red Bull ti mette le ali, potrebbe essere il
sottotitolo de “Gli Uccelli”
di Lombardi
- Tiezzi, scimmiottando una pubblicità dei
nostri giorni. Di Aristofane rimane il testo, comunque rimaneggiato ed
infarcito di boccaccesco e doppi sensi, la regia è illuminata e splendidamente
coloratissima. La drammaturgia, fresca e matura, è futurista
e marinettiana,
un rap onomatopeico vibrante. Sembra una parata, una sfilata lussureggiante
dove l’Utopia di fondo della commedia greca viene tradita dalla sovrabbondanza
di segni e citazioni, rimandi ed appendici. Sandro Lombardi, col le penne da
capo indiano, fa il Totò pasoliniano di “Uccellacci e uccellini”,
con bombetta e volatile imbalsamato sopra, con bastone da Charlot mosso come
fosse Mary
Poppins, Massimo Verdastro è la fantastica
upupa scintillante coperta di lustrini lussuosi svolazzanti, vera Casta Diva,
Gran Visir fascinoso nel suo charme orientale d’arcobaleno ora cubista con
zeppone da disco ora drag queen da Gay Pride. Sotto il palco suona il musicista
balcanico, dall’“Internazionale” al must brechtiano accompagnato a cappella da
un gospel bianco solitario femmineo, mentre sopra si sviluppa una danza stile
Maori che si miscela con bandiere e Lanterne
Rosse< sostenute
dallo stormo di uccelli, spogliatisi di penne e becchi, ora tornati operai con
tanto di tute blu e caschetti bianchi da cantiere edile con in bocca fischietti
da richiamo per cacciatori (“specchietti per le allodole”). I due ateniesi,
Persuasore e Eco, erano fuggiti per fondare una città più equa ma la democrazia
è un branco di pennuti starnazzanti ed i simili egualitari uccideranno quelli
rivoluzionari. Il sistema è stato ricompattato. Pasoliniani anche
alcuni dialoghi sboccati, un romanesco alla Belli condito
con amenità da Pietro l’Aretino con
punte di dannunziana memoria. L’oracolista fa il verso alla bambina
dell’Esorcista, mentre Leonardo Capuano è incaponito nell’imitare Albanese, i
papponi ed i malavitosi parlano barese e gli alati si mangiano a pezzi la Costituzione ed il
riferimento all’Italia berlusconiana è lapalissiano. Nel finale tre Dei
dell’Olimpo con maschere da wrestling si
venderanno per un tozzo di pane. Il potere logora chi ce l’ha.
Voto
7 ½
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