Uno, nessuno e centomila; non una doppia
identità, ma ben tre identità diverse, assestanti, quella
che è la spersonalizzazione, la molteplicità dei ruoli
visti come forma straniata di se stessi. Ruoli in
cui, come dice Pirandello,
l'uomo tende per evadere, ma che teme, al tempo stesso, per l'ansia di non
potersi più riconoscere in un modello fisso e rassicurante.
Così, Pessoa si costruisce spontaneamente i suoi eteronimi, dei
quali volta volta confessa di diventare strumento, limitandosi a trascrivere
ciò che da loro gli viene dettato.
E' appunto la genesi di questi suoi eteronimi, l'argomento
delle lettere del poeta portoghese a Caisas Monteiro, riprendendo le quali
Torao Suzuki</a> e il gruppo del Giardino
Chiuso hanno costruito il loro spettacolo. Di Fernando Pessoa si sono
occupati in tanti: citiamo il musicista Andrea Chimenti in QOHELET
e naturalmente Antonio
Tabucchi, che rimane particolarmente colpito da Pessoa, tanto da curarne
un'approfondito studio e le traduzioni. Ma
torniamo al Pessoa di Suzuki.
Un Pessoa inquieto
vaga sulla scena presentando i suoi "conoscenti inesistenti"(come lui
stesso li definisce), sempre accompagnato dalla danza di ballerini che lo
seguono, lo sfiorano, lo avvolgono, come se Alvaro de Campos, Ricardo Reis e
Alberto Caerio si stringessero al loro demiurgo, in continua ricerca di
un'identità da confermare, frenetici e malinconici, adeguando il
ritmo dei loro movimenti a ogni tono, ad ogni vibrazione. Così
l'emozionalità, la contraddittorietà del poeta, vengono
tradotti in movimento, parola e gesto. "La letteratura, come tutta
l'arte,è la dimostrazione che la vita non basta". E' questa la
consapevolezza, madre degli "altri se stesso" di Pessoa. Fino alla
progressiva presa di coscienza che questi diversi aspetti in conflitto della
sua personalità non compongono, fondendosi un'interezza, in cui potersi riscoprire, riunendo il puzzle. Ogni
identità, ogni personaggio è condannato ad una solitudine
che rimane uguale a se stessa. E come
Enrico quarto sceglie, diventando tale, un "esilio volontario dal
mondo" quale unico modo possibile per poterlo osservare veramente nella
falsità delle sue forme e valori, così Fernando Pessoa con una lucidità venata di ironica follia, danza fra i suoi tre esili
volontari in cerca non già di verità sconosciute,
bensì di "nuove maniere di fingere..."
Voto
8
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