Maria Maddalena
Da Margherite Yourcenar
Regia di Valentina Capone, con Luisa Pasello
Fabbrica Europa – Stazione Leopolda, 17, 18, 19, 20 maggio 2006, Prima Assoluta a Firenze
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Terriccio ma non fecondo, terra
ma non fertile, arida dove i germogli, i bambini non nascono
ma vengono seppelliti. Sulla scena una splendida e
muscolare Luisa
Pasello, con un abito di rete da pescatori
di Nazareth, in un solo immersa nel terriccio. E’ la Maria Maddalena, una
guerriera, una battagliera, una Giovanna d’Arco
innamorata e ripudiata dall’apostolo Giovanni che la “tradisce” per seguire la
sua Fede, il suo Cristo. La regia di Valentina Capone
punta molto sulle luci che diventano spazi, buio, drappi, divisori, esse stesse scene in movimento. Una donna impotente contro il Dio che le ha strappato il proprio
uomo. E lo sa benissimo che la guerra è persa
fin dall’avvio. Non si può competere né con Dio né con Suo Figlio. Ed allora non resta che darsi smodatamente, punirsi
prostituendosi quasi come la protagonista de “Le onde del destino”. In audio il rumore del mare, il respiro del mostro, il palpito di
un cuore. E Maria è angosciata, angustiata,
delusa, rabbiosa, arrabbiata contro il mondo che l’ha calpestata, contro gli
uomini che l’hanno usata, anzi dai quali ha deciso di farsi usare. Le sue
parole sono grida, urla nel silenzio. Inascoltate. Cadono nel vuoto, cadono come il feretro che
ha sotto il sedere, incellofanato e compresso, in una piccola bara bianca di
plastica, un gusto ovattato dove riposa il suo bambino. A piedi nudi lascia segni sulla terra, la ferisce come la vita ha scalfito
lei. L’unica risorsa è l’auto punizione, tanto per far vedere che esiste anche
lei. E’ sofferenza e dolore ancestrale. La non
accettazione, l’emarginazione, l’auto distruzione: adultera, “puttana”. Quasi in preda alle convulsioni, a tremori di una danza di nervi e
muscoli a ritmo di riflettori. L’unica donna fragile
che, proprio in tempi di “Codice da
Vinci”, appena risorge il Cristo, bestemmia alla luna.
Voto
7
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