Il palco è delimitato, nel
proscenio, da un trittico di teli istoriati da cherubini scudieri del Re epico,
dame racchiuse in sacre mandorle ascensionali, e ricche scene corali, nel
centro del quale si chiude un siparietto poco più largo di un metro. I tanti
bambini presenti all’Auditorium
Flog per lo spettacolo di Mimmo
Cuticchio, eccitati da una serata che già si prospetta diversa dal solito
sembrano, per adesso, molto più impegnati a correre e saltare tra le sedie che
non a curiosare tra le storie di dame e cavalieri che si articolano di fronte a
loro. Nemmeno il grande San Giorgio a cavallo del suo alato destriero che al
trotto, tra le pieghe del siparietto, si scaglia sul drago lanciafiamme, sembra incuriosirli. Le
luci si abbassano, il palchetto si scopre per ospitare due pupi presentatori
che, a giustificare il dialetto palermitano che verrà
usato durante lo spettacolo, dopo aver apostrofato i fiorentini per la “c”
aspirata, riferiscono di aver sentito dire che per farsi capire in tutte le
città basta esprimersi in siciliano. Applausi e risate. Buio. Luce. Entra il
Maestro. Cuticchio
sguaina una lunga spada da un fodero di tessuto rosso, evocando un torero
nell’arena, batte il tallone con energia e sapienza sulle assi del palco, e
l’immagine è quella di un esperto ballerino di flamenco. L’incanto è iniziato.
Le bocche dei bambini rimangono spalancate fin quando
il “Gigante” padre dei pupi, non ha finito di ricordare le origini lontanissime
della sua arte, nel tempo in cui non c’era bisogno delle immagini animate per
comunicare e far correre la fantasia, nel tempo in cui gli anziani, al fresco
di grandi alberi, accerchiati come chiocce dai bimbi, raccontavano Storie. Poi
la sua voce profonda, con una cadenza accentata sull’ultima sillaba di ogni parola, tanto da creare un ritmo che fa pregustare
lo sferragliare frenetico e sapiente delle armature sotto i colpi delle spade, cunta le vicende di cavalieri d’arme e d’amori. Prima
di rifugiarsi dietro le quinte, per diventare cuore
pulsante, cinico creatore, esaltante Mangiafuoco, della “macchina dei pupi”, il
rituale saluto: “Ma questa è un’altra storia. E ora signori mei
ce lassamo e la storia ‘n atra
volta la cuntamo”. La manovella del pianino a
cilindro inizia a girare mentre il sipario si riapre
sull’ esercito delle marionette fedeli a
Carlo Magno. La vicenda messa in scena è quella de “Il
gran duello tra Orlando e Rinaldo per amore della bella Angelica”,
dove si narra di come Carlo Magno si vede costretto a mettere a capo dell’
esercito di Francia Rinaldo, dopo che Orlando e tutti i suoi paladini, presi dall’infiammare
dell’amore per la bellissima Angelica, se ne sono andati in cerca della dama.
Tutta la vicenda si snoda tra battaglie, fughe e vorticanti scontri. Tra assalti di briganti e provvidenziali maghi. Apice della
vicenda, il duello lungo tre giorni e tre notti, tra i due prodi cavalieri,
Orlando e Rinaldo, per contendersi la splendida fanciulla.
La struttura del teatrino tutto fatto di legno e tessuti, ondeggia come nave
tra i flutti in mare aperto, sospinta dai perfetti movimenti della coreografia
con cui Cuticchio
e le sue tre assistenti mandano avanti lo spettacolo. Applausi scroscianti. A
fine spettacolo sembra di vedere l’immagine con cui il Maestro d’arte ha aperto
la serata. Una folla di bambini, con gli occhi e il cuore pieni di
straordinarie immagini, si affollano sotto il palco per ascoltare le ultime
parole tonanti e carezzevoli di Cuticchio, comparso per l’ultimo saluto. Prima
di ritirarsi, goffamente e con amorevolezza rassicura i piccoli: “Gli uomini
muoiono nelle battaglie, i pupi no”. I nostri eroi sono ancora vivi e pronti
per cavalcare altre meravigliose storie.
Voto
8
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