L'attenzione alle percezioni del corpo allarga la nozione di soglia.
L’obiettivo è far vivere lo spazio appena sopra la superficie della pelle, dove
circolano le energie. Lo spazio non è solo involucro ma
portatore di dinamismo: dando materialità al volume scenico, la coreografa
gioca con il vuoto per confondere assenza e presenza. Una creazione che disegna e scolpisce
nell’occhio dello spettatore un particolare spazio scenico, ma anche luminoso e
sonoro. Lo spazio, in particolare, non è solo involucro, ma portatore di dinamismo: dando
materialità al volume scenico, la coreografa gioca con il vuoto per confondere assenza e presenza.
“Lavoro a un'idea di avvicinamento e
allontanamento dal punto di vista dello spettatore e alla trasformazione di uno
spazio scenico in un altro – spiega la
coreografa d'origine catanese Maria
Donata d’Urso -. una superficie curva che permette
di sviluppare la relazione con un volume vuoto ma sensibile e visibile, dove i
punti di riferimento restano instabili”.
Il disegno luci di Caty Olive si interseca
alla perfezione con le coreografie della d’Urso, dando corpo e relazione
alla struttura scenica.
“La disposizione delle luci crea dinamiche che agiscono sulla
superficie della pelle, per mettere in rilievo il
passaggio da un livello di profondità all’altro e testimoniare il passaggio
della figura al volume che la contiene. Creazione spazio
sonoro. Il suono e il lavoro di diffusione dello stesso proviene
da diverse materie e fonti di vibrazione che possono anche interagire con la
percezione del limite della pelle. Nella creazione dello spazio sonoro,
l'invenzione di altri riferimenti spazio-temporali e
una dinamica di passaggio tra un'immersione globale e una fonte particolare
dialogano effettivamente con il corpo”.
In Collection Particulière,
secondo solo di Maria Donata d’Urso, presentato a Fabbrica Europa 2006, la
relazione con la superficie di appoggio orizzontale ha
permesso una prospettiva differente di sguardo sul corpo e ha messo in luce la
dinamica della gravità come forza generatrice di forme e di eventi privati di
qualsiasi funzione illustrativa o narrativa. In questo terzo solo, che si
chiama Lapsus le dinamiche si esaltano ulteriormente.
“In Lapsus: l'attenzione alle percezioni del corpo e al suo ascolto mi
porta ad allargare la nozione di soglia, di limite, di contorno. Far vivere lo spazio appena sopra la superficie della pelle, dove
le energie circolano e rendono conto di una globalità, di una qualità, di una
sensazione. Un terzo solo per spiegare lo spazio impercettibile nel
quale la percezione scivola, si tende, si dilata, vibra. Indaga i cardini del
rapporto tra il corpo e la presenza dello spazio circostante. In effetti, lo
spazio non è solo contenitore, ma portatore di un
dinamismo; si mette in relazione con i moti del corpo e diviene soggetto,
tessitura presente. Tentare di donare una materialità al
volume scenico, giocare con le astrazioni del vuoto, confondere assenza e
presenza”.