Fra i personaggi del teatro internazionale ci piace sottolineare il ruolo di Sandro Damiani, che da qualche
tempo ha iniziato a collaborare come critico con Scanner, ma che continua, con
grande lena, la sua attività di operatore teatrale (in tante direzioni) fra la Croazia
e l’Italia.
Sessant’anni nel 2010, Premio Flaiano per la promozione
del teatro italiano all'estero, ha fondato e dirige a Umago, nell'Istria croata, la Settimana
internazionale del monodramma.
Alle prime due edizioni hanno preso parte una
quindicina di spettacoli: alcuni tra i migliori della produzione croata e
slovena, nonché, dall'Italia - tra gli altri - “Rabinovich e Popov” di e con Moni Ovadia, “Musineri” diretto da Claudio
Di Scanno, con Susanna Costaglione, “Orson Welles Roast” con Giuseppe
Battiston, “Diario erotico di
Ofelia” di Mario Moretti, con Sara Platania...
La manifestazione si svolge a cavallo tra marzo e aprile. Damiani ha già fatto
una prima selezione, vediamo insieme che cosa prepara per la terza Settimana.
“Crisi economica permettendo...”
Già, anche da voi tagli a sfare.
“Si, ma in modo differenziato. Ci arrivo. Intanto ecco
alcuni nomi che vorrei avere a Umago in
primavera: Gianpiero Frondini con la sua versione del “Santo
Giullare Francesco” di Dario Fo; Enrica Rosso con “Frida” di Valeria Moretti;
Saverio La Ruina
con “Dissonorata”
(che ha riscosso un grande successo in ottobre a Zagabria e a Spalato); Pier Paolo
Palladino con “La battaglia di Roma”, “Isabella” del compianto Andrea Bendini
con Giusi Merli, “In vino recitas” del veneziano Giovanni Giusto e un mono prodotto dalla
Piccionaia dei Carrara di Vicenza. Inoltre, ci dovrebbe essere una nostra
produzione, tratta dalle “Ballate di Petrica Kerempuh” di Miroslav Krleza, tradotte da Silvio
Ferrari, interprete e regista Luigi Marangoni. Questo, per quanto concerne la
presenza italiana. Poi ci sono gli spettacoli croati,
sloveni, uno ciascuno da Sarajevo, da Belgrado, dalla Moldova e dalla Romania”.
E poi c'e' l'anomalo Maksim Cristan,
scrittore e performer croato, divenuto un fenomeno editoriale due anni fa
grazie al libro “Fanculopensiero” pubblicatogli da Feltrinelli. Maksim reciterà in italiano e in croato".
Dicevi, “crisi permettendo”.
“Beh non e' una novità che i primi a subire i
contraccolpi dei guai economici di un paese sono i settori della cultura e
dell'arte. Forse, nel nostro caso la cosa tuttavia non dovrebbe avere effetti devastanti,
anzi, nel senso che la nostra rassegna dovrebbe vedere tutti i comuni limitrofi
– vicino a Umago ci sono Cittanova, Parenzo, Buie,
Pisino, Verteneglio, Grisignana, anche Pola – stringersi attorno a noi dandoci
modo di presentare due spettacoli al giorno, uno da noi e uno presso di loro,
in orario diverso in modo da venire incontro sia alle esigenze della giuria e
della critica, che agli habituées”.
Dunque e comunque, anche da voi il teatro piange. Di
più, di meno?
“Ma sai, chi piange di solito vuol far vedere che nessuno piange quanto lui, ma
qui la situazione è di gran lunga meno drammatica. Per il semplice motivo che quasi tutte le compagnie professionali della
Croazia (ce ne saranno una sessantina) sono protette dal posto fisso”.
Da non crederci, eh? Attori, tecnici, personale amministrativo:
tutti in paga dal primo gennaio al 31 dicembre. Idem dicasi
per un regista, un dramaturg, uno scenografo e un costumista a testa. Un
capitolo di spesa, questo, che nessuno – Comuni, Regioni, Stato – può toccare.
I tagli riguardano invece le sovvenzioni alla produzione. E tutto sommato, non è malaccio. Basta con sedicenti Strehler e Brooke che
spendono e spandono senza offrire nulla. Vediamo cosa sanno fare senza soldi...
E comunque, alle rassegne le produzioni croate costano poco, proprio perché già
godono di entrate
per fare il lavoro che fanno".
Hai vissuto quasi trent’anni a Firenze. Tra l'altro, sei stato critico teatrale,
cominciando in un'epoca in cui c'erano Poesio,
Lombardi, Lucchesini, Lia Lapini;
e ci scrivevano pure Ferrone, Tei, Chiavarelli, la Mamone e la Libero. Cosa ricordi di quel periodo?
“Per prima cosa che avevamo parecchio spazio, la critica la potevi scrivere
senza la tortura dei tre o quattro modulini, inoltre veniva
letta. Ma soprattutto c'era molta collegialità. Il papà
di tutti noi, Poesio, non se ne stava nell'empireo; con intelligenza e ironia ci
dava delle dritte senza farcelo capire, a noi più giovani e ringhiosi...”
E la scena, come si presentava?
“Non so bene come si presenti oggi, ma non mi pare di perdere troppo. All'epoca,
accanto ai bluffatori pubblici e privati c'erano grandi mestieranti e veri e
propri maestri. C'era ancora il “teatro politico”: all'Affratellamento.
E c'era il vernacolo becero. Non ci mancava nulla”.
E la scena croata ed ex jugoslava?
“A me pare fosse più viva in epoca (pseudo) socialista.
C'era la censura, ma proprio per le uscite più eclatanti
(e comunque, meno valide sotto il profilo stilistico). Se debbo
fare un rapporto con il teatro italiano, a me pare che la scena italiana sia
rimasta la più “teatrale”, nel senso che sono rarissimi gli spettacoli privi di
teatralità in senso di spettacolarità, piccola e grande. Il guaio è quando ti
soffermi nel dettaglio: letture registiche furbe e approssimative, recitazione
da dimenticare (ma da quel poco che vedo, mi pare che le ultime generazioni di
attori siano più preparati e meno succubi dei
registi). Da questa parte dell'Adriatico, invece, le regie spesso sono solo dei
buoni compitini, senza stacchi di reni; in
compenso, gli attori sono formidabili. Hanno una base eccezionale. E quel che é
più importante, raramente si rischia di vedere un titolo più di due volte
ripetuto nel corso di una e anche più stagioni. Classici, moderni e
contemporanei sono presenti in pari misura, mentre le
drammaturgie contemporanee nazionali hanno moltissimo spazio, e non perché vi
siano dei “premi alla produzione”, semplicemente, perché si ritiene che il
mondo di ieri e di oggi è bene vederlo raccontare con gli occhi di oggi”.
Per alcuni anni hai diretto l'unica compagnia stabile italiana all'estero, il
Dramma Italiano di Fiume. Che mi dici di questa esperienza, per altro
abbastanza unica?
“A Fiume ho fatto allestire venticinque spettacoli, una media di tre, quattro
lavori a stagione. Purtroppo il bacino d'utenza e'
piccolo e quindi alla, massimo decima replica il lavoro viene messo in cantina.
In compenso ho potuto dar vita a spettacoli di non
poco interesse: tanto teatro moderno e contemporaneo italiano: Ghigo De Chiara,
Ruggero Rimini, Fo, Moretti, la Maraini, Bassetti, Randazzo,
Carbone, Sodomaco i classici Ruzante
(“La Vaccaria”,
in coproduzione con il Piccolo di Milano), Goldoni, Pirandello e Peppino De
Filippo, i letterati Vegliani, Maier e, grazie all'intuizione di Angelo Savelli, un Tomasi Di Lampedusa: “Le fredde
stelle del Gattopardo”, con una trentina di repliche tra Firenze, Pistoia e
Pescia. Il problema, con un complesso espressione di
una Minoranza nazionale, e' di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze
della platea locale e quelle di “ponte” culturale ossia con un occhio alla
promozione e diffusione della drammaturgia italiana in Croazia e Slovenia.
Inoltre, dovendosi aprire all'Italia, un mix di autori croati da far conoscere
oltre
confine e autori italiani che i registi e le compagnie italiane con cui si
fanno le coproduzioni, possano spendere nel territorio
in cui operano. E' l'unico modo per poter uscire dal
guscio e, credo, il più giusto”.
Ovviamente, hai lavorato molto con i teatranti fiorentini...
“Si, tanti. Ho ingaggiato i registi Savelli e Pedullà,
gli scenografi Del Savio, Rocchi e Stefania Battaglia,
questi ultimi due anche come costumisti; i musicisti Faralli
e Bindi e numerosi attori: Marcellina Ruocco, il caro Pierluigi Zollo, Monica Menchi, Giusi
Merli, Fernando Maraghini, Gianluca Guidotti,
Francesco Manetti, Giovanni Fochi, Stefania Stefanin, Marzia Risaliti, Andrea
Bruno Savelli”.
Con alcuni di loro avevi lavorato negli anni Settanta a Firenze, come attore...
“Già. Ma ho il rimpianto per quelli che non ho potuto
chiamare per vari motivi. Penso a Valentino Signori, scomparso però prima che,
nel 1997, prendessi la direzione del teatro fiumano,
i gemelli Frazzi, e poi, tra coloro
che ci sono venuti a mancare, la Nativi, il Piacentini e Franco Difrancescantonio,
mentre tra quelli in attività, Sergio Ciulli e Anna Montinari”.
Non hai più un teatro, ma sei comunque organizzatore teatrale. E' dura?
“Lo sarebbe, se non curassi produzioni che hanno per protagonista una delle più grandi attrici del
centro ed est Europa, Ksenia Prohaska.
Passa da Filumena Marturano a Madre Coraggio, da
Ariel a Serafina Delle Rose... questo con i vari
Stabili in cui e' chiamata. Con me ha alcuni recital,
di cui uno e' “Raccontare Edith Piaf”, il monodramma “Marlene
Dietrich” (con cui abbiamo girato mezza Europa, siamo stati negli USA, il La Mama
compreso; una decina di piazze italiane e Premio Adelaide Ristori al Mittelfest) e l'atto unico “Billie
Holiday”. Recita e canta, accompagnata da un pianista
e talvolta, da qualche altro strumentista. Naturalmente non
recita solo in croato, ma anche in inglese e italiano”.
Per concludere, torniamo alla Settimana Internazionale
del Monodramma. Quando sarà definitiva la composizione del cartellone?
“In linea di massima, già a gennaio 2010”.
Ci risentiamo, allora ad anno nuovo…
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