Delizioso, arguto e sintetico, come è nello stile di Sgalambro, il saggio pubblicato da Bompiani nel 1989 mira a stigmatizzare l’importanza e la contemporaneità della canzone, della creazione rock. Superata di slancio la polemica fra musica colta ed extracolta , il discorso si sposta sulle creazioni che ha senso evidenziare, analizzare e quindi tramandare ai posteri (un pop senza populismo). Resterà qualcosa di tanto rock e pop? Secondo Sgalambro sembrerebbe di sì. Ma l’agilità e la scorrevolezza di questo interessante volumetto viene dalla forma che, frammentata in aforismi, in piccole riflessioni, è adatta per essere fruita da qualsiasi tipo di pubblico. Ci si ritroveranno di sicuro i musicisti, ma anche i tanti frequentatori dei concerti rock che, per una volta, hanno modo di specchiarsi in una filosofia e in una serie di analisi di qualità. Se Calvino in Lezioni americane ha lodato la leggerezza, Sgalambro la indica come naturale espressione di questo secolo oramai alla fine. Il libro quindi, in qualche modo, chiude un cerchio o forse lo fa quadrare, visto che il filosofo siciliano ormai da tempo collabora attivamente con Franco Battiato (a cui peraltro ha dedicato il libro) per quanto riguarda i testi delle sue canzoni. Le parole, come graffi, sembrano scalpellate nella pietra. E’ un libro da leggere e rileggere. Manlio Sgalambro, Teoria della canzone, Milano, Bompiani ("PasSaggi"), 1998
Voto
8
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