William Somerset Maugham (1874-1965) è in
assoluto uno dei più effervescenti scrittori inglesi del secolo, un tipico narratore ‘di
mestiere’, con i suoi punti di forza nella chiarezza dello stile e
nella vivacità del linguaggio: un medico convertito alla letteratura, tra l’altro, preferibilmente nel genere della
narrativa breve. In villa costituisce
un esempio classico della produzione più originale
dello scrittore inglese: in poco più di un centinaio di pagine Maugham riesce
infatti a combinare un mirabile intreccio di trame, colorate da notevoli
sprazzi di dissacrante ironia. A volte gli basta un dettaglio sibillino, anche
mentre i suoi protagonisti stanno semplicemente cenando, e si avvicina loro un
“capocameriere che parlava
scioltamente una mezza dozzina di lingue, ma non ne comprendeva nessuna”.
Sprazzi insomma che, se ripetuti a più riprese, improntano decisamente tutta la
storia in un’atmosfera tipicamente british
per situazioni e spunti di riflessione. Anche perché questo romanzo breve (o
racconto lungo che dir si voglia), nonostante sia ambientato nella Firenze del
primo Novecento, mostra nel dettaglio la Firenze frequentata
dalla colonia inglese. Al centro della storia c’è una bellissima e giovane
vedova, Mary Panton, appena trentenne, fresca di lutto, in riposo in una villa
di amici sui suggestivi colli fiorentini. Ad interromperne la quiete arriva
Edgar Swift, un vecchio amico di famiglia, quasi uno zio, che però non ha mai
smesso d’amarla e che adesso, forte di una prestigiosa nomina a governatore del
Bengala, vorrebbe impalmarla nonostante i ventiquattro anni d’età. Ma siamo in terra straniera, in una ristretta
società bene di stranieri, e ad una delle frequenti cene tra connazionali,
arriva anche la dichiarazione di un giovane dandy
irresponsabile, ovvero Rowley Flint che, come prima cosa, mette sul
tavolo le sue idee riguardo al neogovernatore: “E’ un grand’uomo in posa da
grand’uomo. Ha questo di fantastico: come Charlie Chaplin nella parte di
Charlie Chaplin”. Inevitabilmente Rowley sviluppa una discussione con Mary, e
la donna rivela un’inquietante fantasia di disponibilità erotica con uno
sconosciuto, a puri fini caritatevoli. Parrebbe una ‘banale’ deviazione dal
triangolo classico – originale a prescindere, considerando che In villa fu edito per la prima volta
nel 1941 – ma, arrivato fin qui, Maugham decide che
è tempo di scardinare il normale iter
narrativo che un lettore si attenderebbe: devia prima verso il sentimentale e
lo stravagante, ed infine condisce la storia con uno scabroso fatto di sangue,
ovviamente nella bella villa con vista panoramica su
Firenze dove alloggia la protagonista, una donna troppo bella e che
alla fine sarà costretta ad ammettere la propria irrispettabilità. A questo
punto il piatto è pronto per un inedita sterzata verso un giallo sui generis: il tutto abilmente condotto
dalla maestria di un narratore
consacrato, per statuto, al piacere del testo.
William Somerset Maugham, In villa, Milano, Adelphi, 1999; pp. 126
Voto
7½
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