Auschwitz è stata senza dubbio una delle più immani tragedie che la contemporaneità abbia conosciuto e, del resto, non pochi libri, articoli, inchieste si sono preoccupati di analizzare questo fenomeno, nel tentativo
di metterne in luce le tante zone oscure, di capirne il significato e, non ultimo, di riuscire a spiegarne il perché. Hans Jonas abbandona ogni prospettiva storica, sociologica o etica per acquisirne un'altra, del tutto originale: la prospettiva della teodicea. Come può Dio aver permesso la tortura, l'umiliazione ed infine la morte di milioni di ebrei? Come si può ancora accordare a Dio l'attributo
della bontà dopo gli orrori che Auschwitz ha conosciuto?
L'esistenza di Auschwitz, secondo Jonas, porta a dover ripensare alla radice il concetto di Dio; si deve rinunciare all'idea di un Dio immutabile, onnipotente e al tempo stesso in parte sconosciuto all'uomo. Attraverso un mito l'autore del libro spiega come Dio abbia volontariamente creato il mondo e abbia rinunciato alla propria perfezione, calandosi nello spazio e nel tempo. Egli ha scelto di farsi immanente, ha preferito il 'divenire' all' 'essere immutabile'; e lo stesso Dio si arrichisce via via grazie all'evoluzione delle specie degli esseri viventi; ogni forma di progresso è per Dio un essere sempre più consapevole di sé e della propria opera. Al comparire dell'uomo sulla terra Dio si rende spettatore del suo cammino: ne segue i primi passi, diviene sentimentalmente partecipe della sua vicenda senza però intervenire mai in essa. Come si colloca Auschwitz in questo processo cosmico? Esso si pone come un evento che chiude un'era e ne inizia un'altra ma è un evento di cui Dio non è responsabile fisicamente. Il Dio di Jonas non è indifferente alle vicende umane ma Egli non può causarle o dirigerle. È un Dio che non è distante dal mondo e tuttavia non è onnipotente. Egli ha concesso all'uomo una delimitata regione in cui muoversi ed ha deciso di non irrompere in questo luogo circoscritto; Dio ha rinuniciato a se stesso, alla sua perfezione perché noi fossimo, ma noi e solo noi siamo responsabili degli accadimenti del mondo storico. Al di là delle asserzioni filosofiche e delle conclusioni a cui Jonas giunge attraverso la lettura delle Sacre Scritture, questo libretto ci regala due insegnamenti: primo che le vicende, anche dolorose, che appartegono al nostro passato (e pure quelle che apparterrano al nostro futuro) possono essere guardate anche sotto una nuova luce, quella della religione; secondo che solo l'uomo è responsabile di ciò che compie. Tirare in ballo un cieco destino o un volere imperscrutabile che ci è superiore serve soltanto ad oscurare il fatto che dobbiamo sempre e comunque imporci un attento esame di coscienza.
Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz (una voce ebraica), Genova, Il Melangolo, 1997
Voto
7
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