Le invasioni barbariche
Regia di Denys Arcand
Cast: Remy Girard, Stéphane Rousseau, Dorothee Berryman, Louise Portal, Dominique Michel; drammatico; Can./Fran.; 2002; C.
|
 |
Affrontare
sul grande schermo un argomento ostico come la morte attraverso una disperata
dichiarazione d'amore per la vita è qualcosa che solo i cineasti veri sono
riusciti a fare nei loro momenti di più profonda ispirazione. E' il caso del
magnifico Le
invasioni barbariche di Denys Arcand,
seguito ideale delle vicende narrate sedici anni prima ne Il declino
dell'impero americano, di cui riprende gran parte del cast. La storia è
incentrata sugli ultimi giorni di Remy, docente universitario costretto alla
pensione da un tumore incurabile, impenitente libertino separato che non ha
ancora smesso di desiderare gonnelle e delizie enogastronomiche, indomito
intellettuale di sinistra che ha attraversato tutti gli "ismi"
dell'ultimo quarto di secolo restando fedele a se stesso. L'ex consorte Louise
convoca al capezzale di Remy il figlio Sébastien, agente finanziario di
successo che nella propria vita ha seguito un percorso diametralmente opposto a
quello del padre, socialista convinto: nonostante tutto Sébastien non si sottrae
all'impegno, approda a Montreal e grazie al potere del denaro in breve sottrae
il padre all'inferno di una corsia d'ospedale, sfruttando le smagliature della
sanità pubblica - che, evidentemente, sussistono anche nel civilissimo Canada -
per corrompere ad hoc sindacalisti e dirigenti sanitari ed approntare
un'accogliente camera singola in un'ala inutilizzata del complesso ospedaliero,
presto riempita dagli amici di sempre, prontamente radunati al capezzale
dell'amico da ogni parte del mondo. Contro l'impietosità di una malattia
terminale Sébastien si impegna per rendere sopportabili gli ultimi giorni di
Remy grazie ad una terapia del dolore a base di eroina (ovviamente illegale) ed
assicurare al padre una fine dignitosa prima che gli stupefacenti diventino
inutili. La magia de Le
invasioni barbariche, a prescindere dal soggetto, è riposta in una
sceneggiatura (peraltro premiata a Cannes) di mirabile arguzia, calibrata con
diabolica misura, intensa e toccante a tratti e talora marcata da battute
corrosive ed intriganti. Un gioiello
capace di commuovere, divertire e far riflettere allo stesso tempo, in grado di
toccare temi scomodi come l'eutanasia, la terapia del dolore, la
tossicodipendenza ed il sistema occidentale nella sua interezza. La regia si
limita ad assecondare con ritmo un cast di attori straordinari, che riescono
nel non facile compito di valorizzare al meglio l'impeccabile sceneggiatura di Denys Arcand. Paradossalmente
nel dominio degli affetti può anche succedere che un figlio capitalista,
novello principe dei barbari, riesca a coordinare un dignitoso addio per il suo
gaudente e colto genitore, scoprendolo al contempo come padre nell'ultima
occasione possibile, senza rimpianti. E può succedere anche che l'arrivederci
più intenso diretto a Remy arrivi da una figlia biologa errabonda nei mari del
Sud attraverso il freddo schermo di un lap top, riscaldando un padre all'ultima
spiaggia con la brezza di un bacio virtuale. E può accadere, come vi auguriamo,
di ritrovarsi rigenerati dopo questa magnifica incursione nell'aspro territorio
della morte, perché Le
invasioni barbariche è, soprattutto, un ispirato, intenso, disperato,
imperdibile inno alla vita fino all’ultimo momento, all’ultimo respiro,
all’ultimo pensiero, volto magari senza volerlo ad un primo amore di
celluloide, come l’impacciata figura di Ines Orsini nei panni di Santa Maria
Goretti. Perché no?
Le invasioni barbariche - Les Invasions Barbares, regia di Denys Arcand, con Remy Girard, Stéphane Rousseau, Dorothee Berryman, Louise Portal, Dominique Michel; drammatico; Can./Fran.; 2002; C.; dur. 1h e 39'
Voto
8½
|
 |
|