Nello
stato del Texas, per definizione la patria della pena di morte, la prossima
esecuzione in cartellone è quella di David Gale, un ex enfant prodige
della filosofia accademica, ex docente universitario dal bicchiere facile, già leader
dell’organizzazione di attivisti contro la pena capitale
denominata Death Watch, marito e genitore affettuoso, finito nel braccio della
morte per una controversa accusa d’omicidio ai danni della collega di lotta Costance Hallaway:
la vittima era nuda, soffocata con un sacchetto di plastica in testa fissato al
collo con lo scotch, ammanettata ai polsi (con relativa chiave preventivamente
fatta ingurgitare), quasi certamente stuprata. Due i dettagli incriminanti a
carico di David Gale: tracce del suo sperma ritrovate nel cadavere della
vittima e l’aver descritto in un saggio la tecnica di uccisione in questione,
un ulteriore trauma psicologico che si aggiunge alla coscienza della morte
imminente (sapere che la chiave della propria salvezza è dentro di noi ma
impossibile da raggiungere). In ossequio al titolo The life of David Gale ricostruisce
i dettagli principali dell’esistenza del protagonista, raccontati nei tre
giorni che precedono l’esecuzione a Bitsey Bloom,
una giornalista d’assalto che non ha esitato a finire in carcere per proteggere
la riservatezza delle proprie fonti, per quanto si trattasse di pedofili. Nei
tre incontri concordati il protagonista
svelerà la sua versione della verità, incaricando la giornalista ed il suo
giovane collega Zack dell’ultimo disperato tentativo per trovare il bandolo
della fatale macchinazione che metterà fine alla sua vita. L’ultimo film di Alan Parker si sviluppa
nella prima parte secondo una struttura biografica tripartita, cui segue
un’accelerazione in chiave thriller nella seconda parte del plot,
che ci condurrà a ritmo serrato verso la soluzione a sorpresa dell’intricato
mistero. The life of David Gale non è però la classica pellicola di
denuncia sulla falsa riga del pressante Fino a prova contraria,
quanto invece un’articolata disamina della pena di morte da un punto di vista etico
e filosofico, un sistema di punizione fallato alla radice perché aperto alla
condanna a morte di un innocente, ed in ultima analisi arcaico poiché chi cerca
vendetta per un omicidio alla fine finisce per scavare due tombe: la
sceneggiatura del film, scoppiettante ed impreziosita da continue citazioni
filofiche, non a caso è stata scritta nel 1998 da Charles Randolph, all’epoca
professore di filosofia all’università di Vienna. Il caso umano di David Gale finirà per rivelarsi un micidiale meccanismo ad orologeria per scardinare la logica perversa (e talvolta paradossale) del sistema giudiziario americano in materia di pena capitale. Nell’ottimo cast brilla come
sempre il fulgido talento attoriale di Kevin Spacey in un ruolo
ricco di sfaccettature e tagliato su misura per lui. Un film che ha già
cominciato a far discutere per l’esclusione di sapore politico dall’ultima
notte delle stelle. Una storia scomoda, ricca di spunti per riflettere e stimolare la propria coscienza: assolutamente da non perdere.
The
life of David Gale, regia di Alan Parker, con Kevin Spacey, Kate
Winslet, Laura Linney,
Gabriel Mann; drammatico/thriller; Usa; 2003; C.; dur. 2h e 11'
Voto
7½
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